Dis….Corsivo. Perugia, Assisi: arriva l’estate

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Uscire dall’ambiguità dell’unione nel Progetto di candidatura a Capitale europea della cultura per il 2019 sembra avere giovato tanto a Perugia quanto ad Assisi. Forse, chissà, non è per il fatto di avere ripreso una programmazione culturale autonoma, ma occorre notare che le due città si segnalano, quest’anno, per nuovi cartelloni estivi finalmente identificabili per una fisionomia, accettabile o criticabile, ma pur sempre netta e definita, progettata e non casuale, dinamica e sviluppabile.
Scrivevo ieri – commentando il Grifo in mutande che i nuovi Priori di Perugia porranno nei cantieri degli imminenti lavori stradali – che la scelta è indice di una volontà culturale finora non manifestata granché dalla nuova amministrazione. Il giorno stesso veniva reso pubblico il cartellone estivo di Perugia, al quale bisogna dare atto che, seppure con un po’ di ritardo, contiene quella traccia di identificazione culturale che abbiamo atteso, com’era naturale desiderare, dall’indomani, un anno fa, dello storico cambio di amministrazione a Palazzo dei Priori.
Adesso la linea culturale, soprattutto per la parte spettacolare, è chiara, si può mettere a confronto con quella tradizionale delle amministrazioni di centrosinistra, provata e riprovata in lunghi anni di consuetudine.
Il cartellone di “Farenight” – forse perché imparentato nella pronuncia con l’ultra intellettuale contenitore di Radio 3 Rai – non è mai riuscito a togliersi di dosso, specie nelle ultime edizioni, quell’aura di snobismo che, nel cartellone di “Destate la notte”, sembra essere stato rimosso da una scrosciante doccia. Il risultato, sulla carta, è un istintivo ritorno con la mente al carattere molto popolare delle estati di venti, trent’anni fa, le prime che, dopo Roma, si cominciavano ad allestire anche in provincia. Anzi, Perugia, col “Teatro in piazza”, può vantare addirittura qualche primogenitura in materia che, nel corso dei decenni, anche se ha perso mordente, non è mai stata dimenticata. Così, le tre serate (28, 29 e 30 agosto) del “Nuovo Teatro in piazza”, ben strutturate e comprendenti addirittura poesie di Sandro Penna, sembrano, più di tante altre parti del programma, l’anello che lega la nuova proposta alle sue radici.
A volte, il programma culturale dei nuovi Priori per l’estate sembra improntato a una consapevole ingenuità, così avvolgente che si direbbe voluta, per non dire di più. E questa ingenuità somiglia molto a quella con cui si è presentato, l’altroieri, il Grifo in mutande: si scommette su un pubblico di giovani e di famiglie che avrebbe ripreso a frequentare il centro storico e tutti i quartieri della città – come è stato sottolineato – così come si è sicuri che vi sia in giro ancora tanta peruginità da saper leggere e apprezzare le sentenze del Grifo in mutande.
La cultura, nelle intenzioni dei nuovi Priori, dovrebbe essere meno autoreferenziale che mai per poter intercettare il bisogno di divertimento dei perugini, con “Destate la notte”, e per poter venire incontro alla loro pazienza, con il Grifo in mutande. Saranno questi gli aspetti di “Farenight” che andavano emendati, a cominciare da un titolo in italiano anziché in inglese? Ne riparleremo alla fine di settembre, ma, intanto, senza entrare nei dettagli, mi godo un programma che mi sembra confezionato con la stessa “ingenuità” con la quale anch’io, molti anni fa, ne allestivo per la Provincia di Perugia.
E così, da questo angolo visuale, scorgo meglio che mai certi fantasmi che possono insidiare questo tipo di programmazione: Perugia, a mio avviso, non deve partire, con l’estate, lasciando ben due mesi di piazza a UJ, né deve considerare zona franca il territorio delle ottobrate di Eurochocolate. Questi giganti sono in grado di schiacciare qualunque progettualità, anche quella “ingenua” che propongono i nuovi Priori.
Anche Assisi, col “Festival internazionale della felicità” che comincia stasera, nonostante il titolo altisonante si è ricordata – ed è un vero piacere – di essere una città alla quale giova, qualche volta, scendere dal piedistallo ecumenico su cui s’è accomodata e tornare la piccola regina e la sublime compagna di tutti i borghi umbri. Il programma del “Festival” – che non ha, a differenza di Perugia, precedenti prossimi col quale raffrontarsi – tende a una sensibile riappropriazione dei luoghi della città come se fossero altrettanti luoghi dell’anima, specie la Piazza del Comune, che è stata amorevolmente trattata come un “salotto culturale” sul quale discende la voce sensuale della “Campana delle Laudi”. Anche ad Assisi, come a Perugia, la regia del Festival riporta a cartelloni dall’assemblaggio antico e ha il compito preciso di difendere la “semplicità” del cartellone da eccessive luci della ribalta. La felicità – quel tanto che ce ne può spettare – non si vive meglio, in fondo, nella penombra che sotto il sole accecante? Non è, vissuta da un’ispirazione “ingenua”, più a portata di tutti?
Mi piace che, una volta tanto, Assisi non abbia preso per oro colato ciò che viene abbinato al suo nome (la pace, la spiritualità), ma abbia accettato la scommessa, non facile, di confrontarsi con una parola – felicità – di fronte alla quale molti storcono la bocca o fanno i difficili. Certo, il rischio della commercializzazione anche della felicità esiste, ma credo che il programma del Festival abbia in sé ancora tante di quelle potenzialità anticommerciali che non mancheranno di esprimersi se sapranno svilupparsi dentro la cornice tenera e sensuale della sua prima edizione. Pensate solo a quanta felicità esiste – anche se quest’anno non ci sarà raccontata – dentro i monasteri delle Clarisse!

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