Dis…corsivo. Umbria, la visione dei confini
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / L’Umbria confina a nord con la Toscana e le Marche, a est ancora con le Marche, a sud con il Lazio, a ovest di nuovo con la Toscana e con se stessa per quanto riguarda la sua geografia futura. Solo l’Umbria, cioè, e soprattutto chi la governa, sanno quale può essere l’effettiva dimensione dei confini regionali all’indomani di qualunque riforma macroregionale dovesse avverarsi.
Ma chi governa l’Umbria di oggi sta davvero pensando a come si trasformerà questa girandolina un po’ tozza dell’Umbria quando soffieranno più forti i venti della nuova suddivisione amministrativa dell’Italia?
E un po’ a una girandola l’Umbria somiglia se si riesce a vedere, lungo tutto il suo perimetro, gli angoli aperti al vento che s’incanalano dentro il cuore della regione per portare il caldo e il freddo, il mare e l’Appennino.
Facciamo un giro: una punta della girandola, incuneata tra Lazio e Marche, è formata da Cascia e Norcia; un’altra sta nell’Eugubino; la terza, molto accentuata, prende tutte le correnti marchigiane (comprese quelle romagnole!) e toscane, dall’Alta Valle del Tevere; la quarta porta le brezze sul Trasimeno; la quinta corre e vortica tra Città della Pieve e Orvieto, tra la Toscana e il Lazio; la sesta si insinua, in picchiata, da Narni fino al Lazio.
Questa girandolina a sei punte dà il moto a tutta la regione, partendo proprio dalle situazioni di confine dell’Umbria e, ancora di più, da quei particolari confini che sono incuneati – per bizzarria della natura e per scelte delle classi politiche consolidatesi nel tempo – dentro territori di altre regioni: la Toscana, appunto, le Marche e il Lazio.
Non ne siamo convinti? Continuiamo a pensare davvero che l’Umbria consiste dapprima e principalmente nel cuore del suo centro e solo in un secondo momento nelle sue dimensioni di confine?
Sarebbe un grave errore immobilizzare l’Umbria nei suoi confini odierni presi per acquisiti una volta per tutte. Sarebbe un grave handicap presentarsi, come istituzione regionale, al confronto trilaterale con la Toscana e le Marche senza avere ispezionato con cura i confini attuali dell’Umbria e averne ricavato le conseguenti ipotesi di sviluppo utili alla regione di domani. Sarebbe, infine, un errore non solo di geografia non considerare che l’Umbria confina anche con il Lazio e che dunque importanti problemi territoriali e culturali urgono anche su quel versante.
In assenza di una strategia politica vera e propria in questa direzione, il pungolo capace di soffiare dentro la girandolina dell’Umbria lo danno lo studio e l’approfondimento delle grandezze in gioco e la valorizzazione dei patrimoni culturali che presidiano i confini dell’Umbria.
Circa una settimana fa, l’associazione “Umbria Domani” ha riunito molto pubblico nel Palazzo della Corgna, a Città della Pieve, per presentare il lavoro svolto, nell’ultimo anno, intorno alla necessità politica di “ripensare l’area vasta del Trasimeno anche verso la Toscana”. I dati prodotti e le linee di ricerca attivate dal gruppo di lavoro voluto da Gianpiero Bocci e al quale ha dato la sua impronta Roberto Segatori testimoniano il rigore intellettuale – sociologico e culturale – con cui ci si sta muovendo per capire di quali espansioni l’Umbria di domani non potrà non avere bisogno. Concetto fortemente ribadito da Gianpiero Bocci alla convention di Trevi di “Futurando”.
Lo studio dunque sta facendo la sua parte, sul campo: mappa l’esistente e compila l’istruttoria, traccia excursus storico-politici, delinea cicli politici dai quali ripartire.
E c’è ancora tempo, prima che l’istituzione regionale cominci a mettersi in linea con gli stimoli che vengono dal mondo della cultura, per proporre di estendere il metodo di lavoro pensato per il plesso Trasimeno e Toscana agli altri territori di confine, ampliando lo sguardo dell’interesse a 360°.
Si troveranno situazioni diverse nel modo di manifestarsi, ma la radice dei problemi, dei disagi, delle aspettative, delle opportunità e delle soluzioni che turbano e orientano, scuotono e ravvivano la vita delle città di confine è presumibile che sia sempre la stessa.
Penso, in particolare, alla ferita ancora aperta nelle popolazioni della Sabina, a stretto confine con la Valnerina, perché lì, negli anni Venti del secolo scorso, il fascismo ha spezzato di netto un’unità territoriale che si stava faticosamente cercando di affermare dentro l’Umbria. Ha senso, oggi, come chiedono a Leonessa e a Rieti, ripristinare quell’unità? Nell’incertezza, perché non andare a vedere, perché non studiare?
L’Umbria di oggi, in ogni sua linea di confine, è l’erede della macroregione ottocentesca della Provincia dell’Umbria. Forse converrà rappresentare alla politica questa suggestione, anche se fosse solo il vento del mare e dell’Appennino a soffiarla nella girandola dei confini che provano a far muovere l’Umbria di oggi verso quella di domani.