DIS…CORSIVO. GIORNALISMO E CIOCCOLATA

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / 88 pagine fitte fitte di programma, un numero di appuntamenti che ti stanchi di contare, figurine francobollo con i volti di tanti protagonisti e spazi enormi per i guru.

Quello che comincia oggi a Perugia, per concludersi domenica, non è un Festival internazionale del giornalismo, ma un’orgia di consapevoli onanismi. Una volta, anni fa, avremmo irriso quei lunghi convegni accademici, con vecchi parrucconi specialisti di archeologia e di filosofia, che davano luogo, un paio d’anni dopo, a volumi di Atti impossibili da consultare, quelli con pagine in cui erano più lunghe le note scientifiche che il testo corrente.

Oggi, con tutta la rivoluzione tecnologica e dei saperi che c’è stata e che c’è in ogni momento, ci siamo caduti di nuovo. L’Accademia del giornalismo di domani è nata, si prende i suoi tempi e i suoi spazi anche se è ben conscia che il mondo da raccontare all’inizio del Festival non sarà più lo stesso sul quale si potrà lavorare alla fine dei cinque giorni d’incontri internazionali, conditi in tutte le salse, posti sotto i titoli più strampalati che dovrebbero fare di Perugia la capitale internazionale del giornalismo e della comunicazione social.

Il Festival è, dunque, in palese contraddizione con se stesso: mantiene un passo accademico sul tapis roulant di una macchina infernale che non si ferma mai e non torna mai sui suoi passi.

Tutti, però, s’illudono che la strada sia questa, che sia possibile camminare filosoficamente, cioè accademicamente, dentro un simulatore di volo per astronauti che domani dovranno volare nello spazio cosmico.

Perugia, col suo encomiabile Festival, è una breve sosta primaverile che giornalisti di ieri – pochi – e di domani – una folla – si concedono tra un impegno e l’altro di quella professione sempre più insidiata nel suo potere di carta e sempre più orientata a costruirsi imperi d’opinione pubblica digitale che si chiama, che ambisce ancora a chiamarsi, giornalismo.

Gli organizzatori, credo, avranno fatto bene i conti dei partecipanti quando hanno creato agende giornaliere nelle quali si succedono e si sovrappongono orgiastiche conferenze su argomenti che, talora, definire di nicchia diventa un eufemismo. Dobbiamo stare certi che pubblico ce ne sarà, a ogni ora della mattina e del pomeriggio. Anzi, scommetto che una cifra di massima, una stima, già c’è, perché il Festival pesca di preferenza in una professione giornalistica – social e free – che conta adepti non certo fra gli attardati iscritti all’Ordine né fra i “praticanti” di un tempo, ma nelle schiere di comunicatori, più che di pubblicisti, che, da sole, sono in grado di riempire Corso Vannucci.

E sia. Ma dedicare un Festival a questa folla biblica di costruttori dell’informazione di domani non è come invitare i golosi di mezzo mondo a comprare cioccolata a Perugia, nel mese di ottobre?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.