Dis…corsivo. Un Buffet in una Chiesa per salutare una Ferrovia
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Non come un fiume, ma certo con la stessa forte impronta di un corso d’acqua, una ferrovia collega i territori fra loro più separati e disagiati. Due giorni fa, nel mio viaggio alla riscoperta della Provincia di Rieti per i tratti salienti della sua coappartenenza all’Umbria, mi sono fermato a Greccio. Da qui, al km. 204+820, a 376 metri sul livello del mare, passa il treno che, dal 29 ottobre 1883, unisce Terni a L’Aquila e a Sulmona, permanendo come ulteriore memoria storica della necessità di congiungere questa parte dell’Italia centrale che unifica tre regioni: l’Umbria, il Lazio e l’Abruzzo.
Non c’è dubbio che questa tratta ferroviaria abbia ancora oggi un’importanza notevole per lo stato dei collegamenti interregionali, che rappresentano, non come un fiume ma con la stessa forte impronta di un corso d’acqua, una voce decisiva per scegliere, domani, come e con chi stare al meglio in quest’Italia centrale tutta da rimodellare.
Il percorso che parte da Terni – si legge in una cronaca dell’“Osservatore Romano” riportata dalla rivista settimanale dell’Umbria “Il Paese” per dare conto dell’inaugurazione del 29 ottobre 1883 – ha il senso della scoperta del territorio, come se ci si imbarcasse su una piccola nave in grado di risalire fiumi e torrenti, indifferente alle partizioni amministrative di quelle che erano allora Province e oggi sono Regioni: “La linea, staccandosi dalla stazione di Terni, percorsi pochi chilometri in piano, segue dapprima a sinistra il corso del torrente Stroncone, mantenendosi al piede delle colline, e penetra poscia, ad otto chilometri o poco più da Terni, nei monti, tagliando successivamente i contrafforti inferiori della catena che chiude verso Terni la valle reatina, nel primo tratto, e seguendo nel secondo i versanti della stessa catena lungo la strada nazionale, per raggiungere, al chilometro quindicesimo, il piano superiore delle Marmore, d’onde il tracciato percorre la valle del Velino, attraversandola tre volte e raggiunge, valicato il Turano, Rieti”.
A Rieti, sempre riportando i dispacci mandati da L’Aquila da l’inviato de “L’Osservatore romano”, l’atmosfera si è molto animata, fino a un insospettabile “sacrilegio”: “Si arriva a Rieti circa alle due. Tutta la città si affolla alla stazione. È servito un Buffet in una Chiesa; molti cittadini indignati della profanazione non vi prendono parte. So però che hanno parlato uno della Giunta di Rieti, il Ministro Genala e Bastogi rappresentante delle Meridionali. Riprendiamo la corsa. Applausi feste e rinfreschi a Cittaducale e Antrodoco. Qui la strada sale, fino alla cima dell’Appennino. La strada è superba; gallerie e viadotti senza fine. Da Sella di Corno ad Aquila la discesa è vertiginosa. La stazione d’Aquila è illuminata e un banchetto magnifico è preparato in un padiglione improvvisato”.
E oggi, 132 anni dopo? La Terni-Sulmona resiste a fatica agli assalti del tempo, ma sembra cavarsela e non so, dalla comparazione con la Centrale Umbra, quale dei due tracciati risulterebbe più vulnerabile e a rischio. In ogni caso, se le regioni che le due ferrovie attraversano vogliono unirsi, o si progetta già sin da ora una loro completa rifunzionalizzazione o il disegno di accorpamento deve avere, tra i suoi primi obiettivi seri, compiti del genere.
Il caso della Centrale Umbra è evidente e noto, quello della Terni-L’Aquila-Sulmona molto di meno, ma bisognerà familiarizzare anche con esso: il Reatino e la Sabina sono letteralmente avvinti all’Umbria dal percorso di questa Ferrovia – salutata a suo tempo con un anomalo “Buffet in Chiesa” – e hanno un valore ambientale e spettacolare che da solo vale il biglietto!