DOCENTI DAVANTI A MONTECITORIO PARLANDO DI SCUOLA (CIOE’ DELL’ITALIA DI DOMANI) SI MISCHIANO POLITICA E SENTIMENTI
Strillano i professori affluiti, in numero televisivamente apprezzabile, davanti a Montecitorio. Contestano la ‘’buona scuola’ varata dal Governo e, posti davanti al microfoni degli inviati di ‘Agorà’, ammettono che la rabbia se la porteranno anche dentro la cabina elettorale.
Insomma dichiarano di volerla buttare in politica. Osservano: ‘’Le decisioni del governo, per noi penalizzanti, impongono risposte politiche’’.
Non pochi, comunque, individualizzano la protesta dichiarandosi ‘’feriti’’ nell’amor proprio: ‘Diamo tanto e ci sentiamo svalorizzati’’.
Di fronte a manifestazioni di piazza così vistose e vocianti, il cittadino elettore (cioè la grandissima parte di tutti noi non integrati nelle dispute dei ’’palazzi’’) si chiede se quel chiassoso dissenso appostato davanti alla Camera dei deputati testimoni proprio l’umore dei docenti italiani. Insomma: ‘’Lì, davanti alle telecamere, c’è davvero la sintesi di un’inquietudine veramente diffusa lungo la Penisola? O, invece, ci sono testimonianze politicizzate di gente che lancia messaggi in vista del voto regionale del 31 maggio?
Questi interrogativi si mischiano con domande che, a margine del dibattito parlamentare e mediatico, si pongono migliaia di famiglie nel nostro Paese: è vero, ad esempio, che la Scuola italiana abbia bisogno di autentici incrementi di qualità? Il presidente Matteo Renzi sembra convinto quando proclama, in Tv, che ‘’è finita l’era del 6 politico’’. Insomma un inno (‘finalmente’’-osservano parecchi) all’affermazione del merito. Cioè, per inserirsi fra le pieghe della normativa dettata dal Governo, il via libera all’esigenza di ‘’valutare’’ il lavoro di chi opera nelle Cattedre. Valutare anche con le scelte del cosiddetto ‘’Preside sceriffo’’ chiamato ad assumersi responsabilità che lo pongono nella condizione di ‘giudice’, ma anche di ‘giudicato’’.
E’ lecito, naturalmente, schierarsi a favore o contro, le indicazioni governative. Fondamentale è (o sarebbe) muovere da un concetto cardine davvero irrinunciabile. Questo: la Scuola è la formativa rampa di lancio degli italiani dell’immediato domani. Fra il 2020 e il 2040 l’Italia, insomma, sarà migliore o peggiore, a seconda di quanto sarà transitato nelle aule delle nostre scuole. Sbagliare o azzeccare un progetto di riforma non è questione marginale.
RINGHIO