Emigrazione: centinaia di morti in mare? Migliaia di accampati ai confini? Certe immagini non sgomentano più. Ci stiamo, ahimè, abituando

L’abbiamo detto e ripetuto parecchie volte: ‘’Con le gigantesche emigrazioni epocali cambia l’Italia, si modifica l’Europa, diventa diverso il mondo’’.

In una fase storica ormai abituata alle fulmineità delle comunicazioni (parlate e visive) ventiquattro ore al giorno viviamo tutti in presa diretta con le bellezze e, purtroppo, anche con le tragedie che funestano ogni angolo della terra.

Tutto ciò premesso incalza un’altra domanda: stiamo cambiando anche noi? L’animo, il cuore, le sensibilità, le emozioni della gente sono sempre quelle di qualche anno fa?

Proviamo a rispondere con la massima sincerità. E la risposta è ‘’no, non siamo più feribili come poco tempo fa!’’. La riprova? E’ nella maledetta abitudine al peggio. Le orecchie, gli occhi e, dunque, perfino l’istintiva emozione, sono travolti dall’abitudine ad eventi ed immagini che di per sé farebbero orrore. Riflettiamo sulle nostre reazioni, cinque o dieci anni fa, di fronte alle notizie che quindici disgraziati erano morti per il naufragio di imbarcazioni lanciate (si fa per dire…) verso la speranza. Oggi registriamo con amarezza, ma senza troppo sgomento, l’annuncio che cinquecento, seicento o addirittura ottocento persone sono sparite tra i flutti. Registriamo senza tante lacrime una specie di inesorabili dinamiche. Al massimo sussurriamo ‘’Poveracci….’’. Persuasi che per il momento le cose vanno così. Certo siamo smaniosi di credere che presto alcune situazioni andranno meglio.

E che dire della gigantesche masse di emigranti (africani e non) costretti a stazionare ai confini di questo o quello Stato recalcitrante? In epoca recente, anche molto recente, ci scuoteva il petto l’inquadratura di un centinaio di itineranti ammucchiati a Ventimiglia, in qualche stazione ferroviaria italiana o all’ingresso della Manica. Oggi i nostri occhi scorrono immensi accampamenti di sbandati registrando soprattutto la consapevolezza del ‘’dejà vu’’.

Insomma senza volerlo stiamo diventando più duri. Con linguaggio intimistico diremmo ‘’meno buoni’’. Ci si abitua,….ci si abitua…ci si abitua.

La notizie, un tempo grandissima notizia, ora appare meno clamorosa e devastante.

Vengono in mente le realtà di una Sicilia di qualche decennio fa, quando i giornali locali mettevano in sesta pagina, e senza sprecare troppe righe, un….omicidio qualsiasi.

Qui la testimonianza è personale: ero a Palermo un sabato pomeriggio. Ho quasi assistito ad un delitto per strada. Un paio di revolverate e via. Il giorno dopo mi sono affrettato a comprare i quotidiani locali. Ed ho scoperto che quel morto era…un morto qualsiasi. Uno dei tanti. Titolino a due colonne, trenta, quaranta righe al massimo.

L’abitudine a quelle notizie, insomma.

RINGHIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.