Il pasticcio del reddito di cittadinanza
A proposito del rinvio dell’approvazione del decreto sul Reddito di cittadinanzaal Consiglio dei ministri della settimana successiva, il premier Giuseppe Conte, intervenendo agli Stati generali dei Consulenti del lavoro, ha detto che le ragioni “stanno nel fatto che vogliamo fare le cose per bene” aggiungendo anche che “E’ una riforma complessa che studiamo da mesi”.
Ma non poteva essere diversamente. Perché si tratta di una misura che prefigura, mi sembra, un pasticcio tradue obiettivi: quello di contrastare la povertà e quello di promuovere l’inserimento lavorativo. Due obiettivi che sono spiegati distintamente nel “Contratto di governo”,dove nel primo capoverso il reddito di cittadinanza è definito “una misura attiva rivolta ai cittadini italiani al fine di reinserirli nella vita sociale e lavorativa del Paese” e nel secondo capoverso si aggiunge che “la misura si configura come uno strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno”. Quindi, sono occorse duedefinizioni di Rdc per i due obiettiviche, con un’unica misura, si vogliono perseguire. A maggior ragione per la loro attuazione sarebbe stato più coerente e razionale predisporre provvedimenti distinti e specifici.
Chi è, infatti, in condizione di essere inserito in una attività lavorativa, nel mondo del lavoro, abbisognerebbe di provvedimenti ben diversi da quelli previsti per chi versa genericamente in condizione di bisogno. Occorrerebbero veramente politiche attive, formazione professionale e quant’altro, coinvolgendo, giustamente, i centri per l’impiego, che sono certamente da potenziare. E non occorrerebbe il ricorso all’Isee per selezionare gli aventi diritto. Perché il diritto al lavoro di una persona dovrebbe prescindere dalla condizione economicadella famiglia di appartenenza.
Invece, per chi si trova in una condizione di povertà, sarebbe stato meglio continuare nell’erogazione delReddito di inclusione(avviato, come noto, dal Governo Gentiloni, ma con risorse insufficienti), aumentandone il finanziamento ed ampliandone i requisiti di accesso (stante la disponibilità delle risorse previste nella legge di bilancio). E continuando a fruire del ruolo dei comuni per la raccolta delle domande e le verifiche sul possesso dei requisiti e le analisi volte ad identificare i reali bisogni dei nuclei familiari. Si tratta di procedure sperimentate, già in atto nei comuni, che sono più in grado di assicurare tali requisiti.
Ma il Governo del cambiamento, pur di cambiare, cerca di smantellare anche le cose buone esistenti.
Alvaro Bucci