LA SETTIMANA DEL PROFESSOR AFFABILE
di Umberto Giorgio Affabile / Stasera finisce la campagna elettorale. Sondaggi a parte, alcuni segnali decifrabili solo da quanti, negli schieramenti, hanno i codici giusti per leggerli, lasciano intuire che, sotterraneamente, qualcosa è accaduto.
Ci sono dei segnali che lasciano presagire come e, forse, anche quanto, la situazione politica umbra sia cambiata rispetto a pochi mesi fa, giusto all’inizio dell’anno.
Senza fare nessun tipo di previsione, si può dire che la campagna elettorale ha fatto maturare vari presupposti che il quinquennio trascorso aveva lasciato aperti e contraddittori. Così, il Pd umbro si scopre renziano oltre ogni legittima aspettativa; così Forza Italia si è insediata di nuovo nella cabina di regia del centro-destra. Le componenti estreme sembrano più vigorose a destra che a sinistra: ciò che riporta a Salvini promette di essere così forte da far rivedere gli equilibri della coalizione che sostiene Ricci, mentre ciò che riporta a Tsipras rimane assolutamente estraneo al rapporto con la Marini e, in definitiva, non ha innescato nessuna forma di dialogo col partito di maggioranza umbro.
Intorno ai protagonisti del centro-sinistra e del centro-destra si è ridisegnata del tutto la geografia politica della regione. Almeno questo risultato, la campagna elettorale lo ha raggiunto e centrato. Sembra, oggi, di essere di fronte a nuovi nastri di partenza, che ricalcano, con le necessarie ambiguità locali, lo sforzo di ridisegnare politicamente l’Italia nel suo insieme che si compie (o dovrebbe compiersi) a Roma e, in molti punti, ne anticipano gli sviluppi. Questo è già certo, è un risultato, è un modello che l’Umbria propone al livello della politica nazionale e che si sommerà alle ipotesi di lavoro e di riaggregazione politica che propongono le altre realtà regionali che vanno al voto domenica prossima.
È questo il senso in cui la tornata elettorale del 31 maggio sarà molto importante. Certo, l’esito concreto del voto, il pallottoliere su cui scrivere il risultato, il punteggio da spareggio calcistico più volte evocato negli ultimi giorni saranno decisivi per far capire chi, in questo momento, ha più muscoli in molti sensi, nei partiti e negli schieramenti. Ma, comunque vadano le cose nelle singole realtà regionali, a essere un investimento vero per il futuro della nuova Regione sarà il nuovo quadro politico e sociale che la campagna elettorale ha abbozzato e che consegna, stasera, al giudizio degli elettori.
So benissimo quanto la legge elettorale approvata in Umbria finirà per lasciare fuori da Palazzo Cesaroni aree di generosa partecipazione politica. Il recupero in questa direzione dovrà essere il primo problema della nuova maggioranza, qualunque essa sia, e ad esso si dovrà associare ogni atto amministrativamente utile a recuperare l’astensionismo che si dovrà registrare a urne chiuse, durante lo spoglio.
I programmi elettorali sono sbocciati alla fine della campagna elettorale, come risorse costruite con la partecipazione della gente. Che si debba, però, attribuire a questa spinta dal basso la non precoce comparsa dei programmi è una pia illusione: abbiamo visto, più che altro, molti candidati porsi sul “chi vive”, in atteggiamento di guardinga ispezione dei sentimenti e, più spesso, della “pancia” del corpo elettorale, proprio per trarre vantaggio e non certo per portare utilità ai problemi posti dalla gente. E, ancora, di fatto, ogni partito ha voluto vedere, di nuovo, la gente di cui era certo, il popolo fedele, illudendosi di avere qualche argomento che gli altri non avevano.
Il quadro politico, dunque, è mutato, ma non c’è stato nessun cambiamento apprezzabile di coinvolgimento serio della società non politicizzata nella discussione dei programmi. Le liste d’appoggio, le liste civiche, queste sì l’indomani del voto smobiliteranno e niente potrà recuperarle: i delusi perché offesi, i vincitori perché divenuti ormai ospiti del candidato per il quale si sono spesi.
L’ultima riflessione voglio riservarla alla questione che, alla fine, inquieta più di tutte: come si risolverà la contesa diretta fra Catiuscia Marini e Claudio Ricci. Il tasto sul quale ha battuto il centro-destra è stato monocorde: non può non accadere un terremoto elettorale in Umbria dopo tanti decenni di governo delle “sinistre”. Batti e ribatti, questo slogan martellante, come fossero i rintocchi della “presa di Perugia di una anno fa, ha fatto crescere le percentuali di Ricci. Il centro-sinistra ha fatto bene a non cadere nella trappola fatalistica e nella legge dei grandi numeri che militerebbe, statisticamente, contro la Marini. È stato fatto, invece, un lavoro indipendente dal tormentone dell’opposto schieramento. La sfida, semmai, è stata portata proprio sul terreno dell’avversario, contendendogli caparbiamente numeri e realizzazioni, fatti e cifre.
Tutti, insomma, si sono guardati bene dall’abbordare il terreno del sogno, della fantasia, dei progetti che mirano lontano, lasciandoli volentieri ai partiti minori. E se, invece, fosse stata questa minima dose di onirico trasporto verso un’Umbria da far crescere oltre i suoi (li)miti turistico-culturali a poter fare la differenza tra Catiuscia Marini e Claudio Ricci? La quantità dello scarto elettorale – ne riparleremo – ci dirà se questa mia ipotesi era solo una chimera o se, invece, rende vero un plausibile ragionamento politologico.