L’ALBERATA DI PERUGIA E LE “ANGELICHE ARMONIE” DI ASSISI
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Più sono piccoli più hanno significato i segni che intessono la cronaca cittadina dei nostri giornali. A volte, poi, sono così piccoli che non riescono nemmeno a forare lo schermo dell’esperienza puramente privata e nessuna cronaca finisce per raccoglierli. Non sono segni premonitori, non sono indizi rivelatori, sono semplicemente dei segni tracciati a mano libera e la mano vi è portata quasi per istinto, vi si sofferma e li colora quel po’ che basta a farne il quadretto garbato in cui si mostrano la gioia o il dolore nelle loro radici. Sopra i segni di queste radici crescono la politica e la cultura, l’economia e il turismo, ma essi, i preziosi disegni dell’attenzione verso ciò che può sfuggire, si limitano a far fiorire qualche piccolo tralcio in più sui rami vigorosi della vita della comunità e della società che comunicano.
Con questo senso delle cose, ho sottratto alla dimenticanza due episodi, uno di esperienza diretta vissuto a Perugia, l’altro divenuto notizia vera e propria ad Assisi.
IL RACCONTO – A causa dei lavori lungo la scala mobile della Rocca Paolina, si è costretti a tornare a salire o scendere a piedi in centro dalla viabilità precedente il prezioso mezzo di locomozione. Non so quale sia l’atmosfera che ne è nata abbordando i Colli di Perugia dalle scalette di sant’Ercolano o inerpicandosi per via Marzia. Ho apprezzato, però, l’ampia voluta che bisogna percorrere su per l’Alberata, un po’ dura fino a Piazza del Circo, ma indicibilmente dolce dalla Casa Moretti – Caselli in su. Di mattina, presto, si sale in solitaria e il silenzio, sul penultimo tornante, da dove si scopre la prossima città e la fuga delle colline verso il Trasimeno, si lascia andare all’eco che sale dall’Arco della Mandorla e trasporta tutta l’essenza di Porta Eburnea. In discesa, poi, a metà del giorno, si è un po’ meno soli: piccole comitive di turisti si godono il ritorno dalla visita dei Colli con assoluta nonchalance, trasportati da un invisibile nastro mobile che essi non conoscono, ma che io credo di identificare con il ritmo di una Perugia, diciamo, anni Settanta, quando si andava – le domeniche – tutti a piedi per via della crisi energetica del 1973. L’insieme di silenzio e voci, di eco e di colori è lo stesso di allora. L’organizzazione sostitutiva della scala mobile, le navette, sembra avere funzionato, ma più di un turista non voleva lasciarsi convincere che, anziché aspettare il prossimo pullman di fronte alla sede della Rai, in pochi passi sarebbe ormai arrivato al centro, lungo questo implicito e nascosto percorso della memoria. Dove l’organizzazione sembra avere funzionato di meno è nell’individuazione delle scalette che affiancano il primo tratto di scale mobili, a fianco del Palazzo che ospita la Procura della Repubblica: ho visto personalmente più persone tirare diritto verso l’ex carcere e inoltrarsi su via Fiorenzo, per poi tornare indietro qualche minuto dopo e chiedere informazioni.
Questa l’esperienza di Perugia. La notizia vera e propria, invece, viene da Assisi, da Santa Maria degli Angeli, un “luogo di Francesco” non fra i tanti. I Frati della Porziuncola hanno comunicato di vedersi costretti ad annullare i due ultimi concerti della Rassegna “Angeliche armonie” con questa motivazione: “La contemporanea esecuzione di musica ad alto volume di una piccola giostra adiacente il Sagrato di Santa Maria degli Angeli e del piano-bar dei locali in prossimità del santuario della Porziuncola, nel momento dell’esecuzione di musica classica nel Grande Chiostro del Convento, rendono inopportuni e per niente fruibili i concerti della Rassegna”. I Frati non rivendicano nessuna volontà polemica, ma il loro dispiacere è forte per aver dovuto interrompere un’esperienza di ascolto molto intensa e dal cartellone assai ben assortito, dal gregoriano ai concerti per organo, dalla musica barocca affidata al sax e al pianoforte, fino ai concerti di musica sacra (“Laetare felix civitas”) e per fisarmonica e violino, che sono proprio quelli annullati (le loro date erano il 22 e il 29 agosto). Ci si era perfino spinti, in Basilica, alla serata intitolata “Rarefazione”, un concerto incentrato sui “putti suonatori” raffigurati nella Porziuncola e relativo intervento dei due artisti Carlo Carnevali e Ferruccio Ramadori. L’austera Basilica, insomma, aveva elaborato un programma culturale di prim’ordine e il fatto rilevante è che, in nome di tale programma, veniva meno la difficoltà, che spesso si incontra, di familiarizzare con l’importante Chiesa francescana a causa dell’intensissima frequenza di fedeli e per lo sviluppo di un’attività, a carattere spiccatamente religioso, riservata ai giovani sul Sagrato, spesso con notturne processioni “aux flambeaux”. Questa volta, invece, era stato proposto un programma del tutto spirituale, in qualche modo laico, capace di avvicinare le persone di Assisi e i loro ospiti senza la marca preponderante della religione e della liturgia. Per loro conto, “la comunità civile, le istituzioni, i locali commerciali” chiamati in causa dai Frati nella nota di annullamento hanno proseguito nella loro attività di animazione estiva dello spazio – un po’ piazza, un po’ via di grande traffico – e il caso è esploso, vistoso, da non trascurare.
LA RIFLESSIONE – Niente, in effetti, va trascurato dei piccoli episodi che ho appena raccontato. A Perugia, ad esempio, quale cuore, per quanto politicamente duro, potrà non incuriosirsi della casualità che fa riscoprire un avvicinamento dolce, ottocentesco all’acropoli come quello dell’Alberata così da rendere quella passeggiata, costruita sulle mura superstiti della Rocca Paolina, un arricchimento della valorizzazione di Porta Eburnea e del ristrutturando carcere in funzione del Progetto di Capitale 2019? Il segno è piccolo, ma il moltiplicatore può essere grande; la regia di un progetto altisonante può rivelare, proprio a partire da piccoli segnali come una passeggiata sull’Alberata, le sue vere intenzioni di aderire al cuore e agli organi sensibili di un corpo cittadino, come quello di Perugia, desideroso di attenzioni minime e di una cura costante per l’eredità che esprime. Ci voleva la mancanza della scala mobile per far risaltare la poesia dell’Alberata?
Ad Assisi, la notizia riportata ispira lo stesso tipo di riflessione. C’è, di fatto, noncuranza per un prodotto culturale degno di una platea estiva di prim’ordine. Il fatto che esso si sia presentato “in minore” e “fra i minori”, decentrato e nascosto in un chiostro, gli fa onore: sono questi i “luoghi di Francesco” che fanno capire bene il senso che sulla carta si è voluto loro attribuire in chiave di co-candidatura alla Capitale 2019. Perdere un luogo come questo rappresenta un’incrinatura nel poderoso edificio della Fondazione. Certo Santa Maria degli Angeli è un centro vivo e animato ad ogni ora del giorno e della notte, ma come si fa a non raggiungere un equilibrio fra le diverse pulsioni spettacolari e culturali che la città esprime in estate, specie se anche i Frati vogliono, a ragione, essere presenti, una volta tanto non per la liturgia, ma per il potere evocatore del francescanesimo in sé? Va bene, il Sagrato era già stato regolarizzato, per così dire, nel rapporto intercorso fra il Comune di Assisi e i Minori. Ciò esime da un minimo intervento di coordinamento a proposito della Piazza?
Segni, ahimé, tanto a Perugia quanto ad Assisi, di “capitale” dimenticanza.