LEVANTE. Considerazioni del mattino I “PRIMI” E I “PRIVI” D’ITALIA
di Maurizio Terzetti
Si chiama “I primi d’Italia” ed è nata nel 1999, a Foligno, dove ha messo dimora, la manifestazione dedicata al cibo alla quale bisognerebbe dare il riconoscimento di “prima titolazione italiana, tutta italiana” fra gli eventi commerciali e culturali che si svolgono nella nostra regione. Il titolo sarebbe di grande merito, un inimmaginabile tributo alla voglia di italiano che in molti reprimono trovando nell’ecumene inglese un comodissimo alibi per la poca dimestichezza con le grandi risorse sintattiche e semantiche della nostra lingua.
Fosse nato qualche anno più tardi, perà, forse nemmeno questo appuntamento si sarebbe salvato dallo strapotere anglo-americano della circolazione del marchio, sarebbe stato cotto in un brodo di imperativi linguistici così raffinato e internazionale che il titolo “I primi d’Italia” non sarebbe stato promosso oltre il rango di buona cosa di provincia, al limite fra la cucina tradizionale e il desiderio di mondanità che si può coltivare a due passi da Roma.
E, invece, pur continuando a essere assediato da ogni parte per sempre incomprensibili motivi di lobbies interne all’Umbria nel corso delle sue diciotto edizioni, l’evento folignate di fine settembre (s’è aperto ieri e si chiude domenica) mantiene la dignità e il decoro di un’impresa artigianale ancora basata sulla virtù della genuinità e proiettata sullo schermo dell’identità locale e nazionale.
I “primi” sono una prerogativa della cucina italiana di cui sono “privi” molti eccellenti menu di altre Nazioni e forse su questo tasto bisognerebbe battere un po’ di più, provando a comparare agonisticamente o meno, magari durante l’anno e lasciando alla fine di settembre la sua tipicità, i modi di stare a tavola e di consumare pietanze di inglesi e francesi, di olandesi e di belgi, di popoli d’ogni razza ed etnia, europea e non, fino a invitare i mitici americani a venire a Foligno coi loro menu tradotti, stavolta, in italiano.
Sarebbe, questo, un nuovo traguardo per “I primi d’Italia”, il primato di un incontro fra tutti quei popoli che un primo all’italiana non ce l’hanno e certo vivono bene, ma quando gettano un occhio nei piatti con le nostre paste o i nostri risi, i nostri sughi o i nostri brodi, uno scambio con le loro pietanze nazionali non lo disprezzerebbero. Sarebbe proprio piacevole a vedersi e simpatica a gustarsi, una tavolata di pantagrueliche emozioni e di babeliche digestioni.
E a Foligno credo che nessuno si sottrarrebbe al sacro dovere di condividere la tavola – fra quelli che hanno i “primi” e quelli che ne sono “privi” – in maniera brillante e spettacolarizzata e anche partecipata direttamente dal pubblico già fortemente richiamato a Foligno alla fine di settembre.
Così, tanto per tornare su una “prima” idea…