SE UN PREFETTO VIENE DA REGGIO EMILIA
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / La sede prefettizia di Perugia è stata affidata a Antonella De Miro, persona di competenza e di esperienza straordinarie, maturate in contesti che l’hanno vista impegnata in sedi della Sicilia, della Campania e dell’Emilia Romagna: il suo quinto anno nella prefettura di Reggio Emilia è caduto giusto il primo settembre, nell’imminenza del commiato dal capoluogo emiliano in direzione di Perugia. Sappiamo quanto la scelta del nuovo Prefetto di Perugia sia stata delicata e con quanta ponderazione sia stata presa. Sappiamo che, finalmente, il Palazzo di Piazza Italia tornerà a parlare anche dall’ala che ospita la residenza del Prefetto. Sappiamo quanto di ciò ci sia bisogno nel momento del passaggio istituzionale che sta portando verso la nuova Provincia. Sappiamo quale collegamento fra il capoluogo e il territorio la parola del Prefetto può contribuire a istituire.
Tutto questo lo sappiamo rivolto al futuro, anche a quello immediato. Un po’ meno, invece, lo sappiamo per il passato, per il ruolo svolto dall’autorità prefettizia nella crescita della Provincia di Perugia. Il discorso, in questo caso, va a scivolare in angoli lontani della storia, addirittura a quelli post unitari. È stato bello scoprire, constatare e, adesso, far sapere che il Prefetto dei Prefetti umbri, colui che ha retto la Provincia dell’Umbria per ben 21 anni e che poi, presentatosi alle elezioni, è divenuto capo della Deputazione, cioè della Giunta, dello stesso territorio proveniva dalla città dalla quale viene la signora De Miro: Reggio Emilia. Il nome di quel signore è Benedetto Maramotti, Prefetto della Provincia dell’Umbria dal 1868 al 1889 e guida della Deputazione provinciale dal 1889 al 1896. In tutto, dunque, circa trent’anni di guida dell’Umbria, caratterizzati da un’attività forte e appassionata, rigorosa e illuminata, tenace e intensa, prima come funzionario governativo poi come vincitore di una competizione elettorale. I toni usati per celebrarne la figura erano di questo tipo, tratti da un discorso tenuto dal deputato provinciale Pucci: “Voi ricorderete con quale linguaggio di libero cittadino in libero stato egli difendesse con noi la libertà degli enti locali. E questa difesa egli proseguiva, contro tutto e contro tutti, nella trattazione giornaliera degli affari, ogni volta che un’ingerenza o una minaccia tentava invadere o restringere le attribuzioni della provincia o comprometterne i diritti e gli interessi”. In trent’anni di presenza in Umbria, Maramotti ha dato un’impronta incancellabile all’individuazione dei caratteri di civiltà della provincia-regione appena nata con lo Stato italiano, bisognosa di tutto e ricca della generosità della classe politica che aveva fatto il Risorgimento.
Reggio Emilia, la città dalla quale egli proveniva, torna in mente con prepotenza scorrendo il curriculum della signora De Miro. Come non augurarsi di essere, con il nuovo Prefetto, alla vigilia di una nuova stagione per Perugia? I fronti sui quali impegnarsi sono anni luce distanti da quelli degli anni di Maramotti, ma la durezza degli ostacoli non ha niente di diverso, sia che ricordiamo l’epoca del secondo Ottocento sia che ci riferiamo all’inizio di secolo nel quale viviamo. Il deputato Pucci parlava di “ingerenze”, di “minacce”, di “difesa della libertà degli enti locali”, di “attribuzioni” della Provincia, di “diritti e di interessi” della Provincia. Poiché è l’altra ala del Palazzo di Piazza Italia – dove ha sede la Provincia vera e propria – a dovere esprimere prossimamente la sua nuova guida, è da essa che ci si aspetta un nuovo “maramottismo” dopo il “pepolismo”, cioè il costante, progressista riferimento alla figura del fondatore della Provincia, il marchese Pepoli, che ci ha accompagnato nell’ultimo quinquennio. Il fatto, però, e la particolare congiuntura che la signora De Miro abbia messo a prova la sua matura capacità prefettizia in quella Reggio Emilia in cui si era formato Benedetto Maramotti, spinge a chiedere anche all’ala del Palazzo di Piazza Italia che ospita la Prefettura di collaborare il più possibile al pieno dispiegarsi del disegno riformatore della Provincia. Questo è, forse, il migliore benvenuto che si possa dare al nuovo Prefetto, il saluto meno formale del quale si possa gratificarla. La signora De Miro arriva in Umbria grazie alla migliore decisione governativa possibile e, anche, sotto una stella che indica progresso, ripresa, positività di azione, specie sui fronti della battaglia per la legalità che è terreno privilegiato di operazione del nuovo Prefetto e esigenza primaria dell’Umbria. Quel Palazzo di Piazza Italia, per l’ala della Prefettura, è nelle piene condizioni di riunificare l’eredità positiva dell’Umbria ottocentesca nel processo di costruzione dell’Umbria di domani.