BIDEN VINCE TRUMP CONTESTA
di Pierluigi Castellani
Lo scrutinio delle schede elettorali pervenute per posta non è ancora terminato nei cosiddetti stati in bilico ma il distacco di Biden da Trump è tale da ritenersi oramai certi che il vice di Obama sarà il prossimo presidente degli USA. Questo lungo e laborioso scrutinio ha dimostrato tutta la farraginosità del sistema elettorale americano che sconta anche un fatto abbastanza singolare: può avvenire, come è già avvenuto due volte in questi ultimi anni, che il candidato, che raggiunge la maggioranza nel voto popolare, veda poi che i grandi elettori, rappresentanti degli stati, siano in prevalenza a favore del suo sfidante. In un primo momento sembrava che anche questa volta si verificasse questo evento, ma poi via via che lo scrutinio è andato avanti questo pericolo sembra definitivamente evitato. Infatti, nonostante quello che si crede, l’elezione del presidente degli USA non è diretta, ma di secondo grado. Sono i grandi elettori che eleggono, in un secondo tempo, il nuovo Capo di Stato. Ora nonostante la chiara affermazione di Joe Biden Donald Trump non si dichiara sconfitto , come del resto aveva già preannunciato, e presenta ricorsi contro il conteggio dei voti per posta, ammessi dalla normativa elettorale americana, nel tentativo di arrivare alla Corte Suprema dove può contare nella maggioranza repubblicana da lui rafforzata con la recente nomina di una giurista notoriamente conservatrice. Questo non significa che i giudici della Corte Suprema debbano assoggettarsi al volere di un presidente oramai in scadenza perché hanno da salvaguardare anche la loro reputazione di imparzialità e di terzietà. Ma Trump il risultato di ritardare la proclamazione del nuovo presidente lo può raggiungere fino ad arrivare all’8 dicembre quando, per una legge vecchia di duecento anni, la scelta dei grandi elettori in discussione passa ai parlamenti dei singoli stati, che, nel caso in questione, sono a maggioranza repubblicana. Certamente se si verificasse un caso del genere la comune sensibilità democratica farebbe pensare ad un vero e proprio golpe. Spero che ciò non si avveri e che ancora una volta la grande democrazia americana superi questo difficile momento. La posta in gioco come sappiamo è abbastanza alta. L’uscita di Trump dalla Casa Bianca porterebbe ad un mutamento della politica interna con una maggiore attenzione ai problemi della sanità, messa a dura prova dal virus Covid-19, e un cambio di rotta nella politica fiscale e nella tutela di tutte le minoranze interne, nonché una maggiore attenzione alle disuguaglianze che fino ad ora hanno afflitto soprattutto la comunità afroamericana e quanti hanno perso il lavoro e non sono tutelati da un welfare che non ha gli stessi standard del welfare europeo. Ma dovrebbe cambiare tutta la strategia americana in politica estera. Biden, nuovo presiedente, riallaccerebbe i rapporti con l’Europa e con i paesi della Nato e farebbe tornare gli Usa al tavolo del G7 come protagonista ed attore globale della politica internazionale. C’è infatti da supporre che sia Putin che lo stesso Xi Jinping non gioiscano per la vittoria di Biden. Ma uscito Trump dalla Casa Bianca tornerà tutto come prima ? E’ difficile ipotizzarlo, certo però che il nuovo presidente USA dovrà rassicurare gli animi e far tacere quella faziosità tra forze avverse che ha contraddistinto questa campagna elettorale. Il populismo trumpista è stato capace di sdoganare le forze più estreme della società con gruppi di suprematisti armati che si aggirano nelle strade e nelle piazze americane dando segnali anche a qualche epigono trumpista di casa nostra. Ci sentiamo rinfrancati dalla speranza, che è quasi certezza, che la centenaria democrazia americana saprà superare anche questa prova.