CENTROSINISTRA PUNTO E A CAPO
di Pierluigi Castellani
Non c’è dubbio che la forte polarizzazione del confronto politico tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein ha giovato ad entrambe le concorrenti. Quindi chi parla di nuova bipolarità della politica italiana ha in qualche modo ragione anche perché i tentativi di far rinascere un centro autonomo sono tutti falliti. Però il problema del centro in Italia comunque esiste, nel senso che la estremizzazione della bipolarità forse fa crescere la disaffezione dalla politica e quindi il bacino delle astensionismo, che è nutrito molto da chi non ha più fiducia nella politica così come i partiti la stanno rappresentando. Fatto sta che la Meloni e la Schlein si trovano ad essere le punte di questa polarizzazione, ma con problemi diversi. La Meloni può contare su uno schieramento di centrodestra già esistente e consolidato anche se i suoi partner hanno stili diversi e tra di loro persistono rivalità e litigiosità. Sta di fatto però che il centrodestra esiste e non va inventato e storicamente si presenta sempre unito nelle competizioni elettorali. La Schlein ha invece un compito più difficile, perché il centrosinistra è più invocato che realizzato e le posizioni delle varie forze politiche di questa area sono non sempre compatibili come sulla Nato, sull’Ucraina e sulla collocazione nelle varie famiglie europee. Inoltre, e la cosa sembra la più vistosa, mentre nello schieramento della Meloni il centro c’è ed è rappresentato da FI nella nuova edizione di Tajani, nel centrosinistra il cosiddetto centro è tutto da inventare visto il fallimento del terzo polo e la mancanza di una leadership unificante, che non abbia a che fare con la litigiosità di Calenda e Renzi come si è visto ora con il loro fallimento nelle elezioni europee, tanto da richiamare alla memoria la metafora manzoniana dei polli di Renzo . Quindi il problema del centro nello schieramento della Schlein esiste e, secondo me è incombente, perché non si può costruire una credibile alternativa al governo della Meloni se non si aggredisce, e si sottrae alle suggestioni del centrodestra o al rifugio nell’astensionismo quella zona grigia di coloro che non si sentono di destra e si ritengono moderati anche se questa parola è troppo abusata, e che temono che la destra non si libererà mai del tutto da suggestioni antiliberali, che via via affiorano qua e là e che sono venute anche allo scoperto nel quadro europeo di queste ultime elezioni. Si pensi al ruolo del generale Vannacci nella Lega di Salvini, alle pulsioni neofasciste che si scoprono in qualche dirigente di terzo o quarto livello di FDI ( emblematico il caso del portavoce, ora dimissionatosi, del ministro Lollobrigida), ed in Europa al ruolo assunto da Vox in Spagna, all’avanzata di Marine Le Pen in Francia, a Orban in Ungheria e a AFD in Germania. Queste elezioni hanno positivamente registrato un PD in salute ed in crescita, merito certamente della Schlein, ma anche delle azzeccate candidature di amministratori locali come Gori, Bonaccini, Decaro, Nardella, Ricci, che, con buona pace di Marco Travaglio, non sono cacicchi, come dispregiativamente lui li chiama, ma classe dirigente legata al territorio, che si è posta sempre al servizio del territorio, cosa che manca del tutto nei 5Stelle, che, come era prevedibile, sono andati molto male ,anche perché divenuti oramai un partito personale di Giuseppe Conte, anziché una vera e strutturata forza politica. Ora il PD, che già si è aggiudicato la guida di importanti città, deve però affrontare anche difficili ballottaggi, che non potrà superare agevolmente se non si pone il problema di allargare il suo tradizionale bacino elettorale e se non porta a votare tra due settimane anche coloro che si sono rifugiate nell’ombra del disinteresse e dell’astensionismo. Perché è una realistica considerazione, che nel nostro paese difficilmente la maggioranza degli elettori si riconosce in un profilo di sola sinistra, mentre invece il centrosinistra, che ha già vinto, può ancora vincere ed aspirare alla guida del paese. E’ un’analisi questa che ha anche recentemente espresso un attento analista politico come Goffredo Bettini, che ha posto con lucidità il problema del centro nel centrosinistra. Così è anche per il ballottaggio di Perugia dove il generoso , brillante e coinvolgente impegno della candidata Vittoria Ferdinandi, che ha saputo rimotivare e dare identità in cui riconoscersi a tanti giovani ed anziani, ha mancato per una manciata di voti il successo al primo turno. Ora occorre compiere l’ultimo tratto di strada con coraggio e capacità inclusiva per una città che attende da troppo tempo un segno di rinnovamento e di speranza.