COME L’ITALIA PUO’ RIPARTIRE

Di solito dal titolo del libro ci si aspetta poi, leggendolo, una conseguente  ed esaustiva trattazione. Non sembra che sia del tutto vero nel caso di ” Riprendiamoci lo Stato, come l’Italia può ripartire” di Tito Boeri e Sergio Rizzo di recente pubblicato da Feltrinelli. Il lavoro di Boeri e Rizzo ha il pregio di descrivere minuziosamente i mali della nostra amministrazione pubblica soprattutto denunciando i problemi che, secondo i due autori, ” trovano origine in quell’interregno che sta tra politica e burocrazia”. L’analisi di quanto ostacola una trasparente efficienza dello stato è puntigliosa ed accurata, ma a volte acquista i toni del pamphlet più che quelli di una rigorosa critica delle troppe zone oscure che intralciano un trasparente e corretto rapporto tra pubblica amministrazione ed erogazione dei servizi essenziali ai cittadini. Sembra però che Tito Boeri, di solito notevole saggista ed accademico e già presidente dell’Inps, si sia fatto prendere la mano dal polemista Sergio Rizzo, come è noto, autore insieme a Gian Antonio Stella del fortunato best seller “La Casta” del 2007, che tra i tanti meriti ha avuto  anche l’involontario demerito di fornire fascine al fuoco dell’antipolitica. Boeri e Rizzo, traendo molto dall’esperienza avuta dal primo nell’Inps, hanno il pregio, tra l’altro, di denunciare con chiarezza   il vezzo di addossare molte colpe delle inefficienze e ritardi alla burocrazia che diventa così un comodo alibi per la politica. Chi scrive ed approva ” norme inattuate perché inattuabili” cerca poi di fare della burocrazia un facile capro espiatorio dimenticando che le colpe risiedono in altra sede soprattutto ,nell’esperienza italiana, laddove si fa del “giuridicismo” la modalità con cui affrontare ogni problema. Norme lunghe, dettagliate e complesse sono la consuetudine nell’azione del governo, suffragata dal parlamento, che non fidandosi dei funzionari pubblici dà a loro però l’opportunità di rifugiarsi dietro l’ ossequio formale alla legge spogliandosi così di ogni responsabilità nell’assumere provvedimenti che avrebbero bisogno di ben altra speditezza per risultare efficienti e pienamente rispondenti alle esigenze dei cittadini. Gli esempi che nel libro vengono evidenziati sono molti e variegati, e vanno dai ritardi nella erogazione della cassa integrazione alla incapacità di realizzare essenziali opere pubbliche. Ciò che meno convince in questa analisi  è la diffidenza che i due autori mostrano nel ruolo delle intermediazioni tra pubblico e cittadini.. Si può davvero fare a meno dei corpi sociali e delle loro proiezioni come i Caf, i patronati e quanto facilita l’incontro tra  cittadini e pubblica amministrazione ? C’è inoltre da chiedersi se delle 327 pagine del libro non siano troppe quelle dedicate alla denuncia delle inefficienze, cioè alla “pars destruens”, e poche invece le 59 pagine dedicate alla “pars construens”, cioè alle proposte per uscire dallo stallo in cui ci troviamo. Non ci vorrà qualcosa di più per riprendersi lo Stato come suggerisce il titolo?

Il libraio