IL CAMPO LARGO E LA SCONFITTA IN LIGURIA
di Pierluigi Castellani
” Chissà se qualcuno al Nazzareno si è accorto che lasciare alla destra l’intero spazio del centro è rischioso?”. Così si chiede Paolo Mieli sul Corriere della Sera del 30 ottobre analizzando la sconfitta del centrosinistra in Liguria quando i primi sondaggi davano invece Orlando avanti di sei punti prima della discesa in campo di Marco Bucci, apprezzato sindaco di Genova. Una sconfitta inaspettata da parte della sinistra, che ha sottovalutato il veto di Conte a IV di Matteo Renzi, tanto da far dire a qualche anonimo dirigente del PD, che si è sbagliato un rigore a porta vuota dopo la disastrosa uscita di scena del discusso Giovanni Toti. Ma non si può nascondere che Paolo Mieli coglie nel segno, del resto il centrosinistra perde da quando è stata archiviata la lezione dell’Ulivo di Romano Prodi e si è frettolosamente abbandonata la lezione del PD a vocazione maggioritaria di Walter Veltroni. Sia Prodi che Veltroni avevano ben capito che dopo la scomparsa di contenitori a vocazione riformista come la DC ed il vecchio PSI per battere la destra era assolutamente necessario ricoprire quello spazio moderato di centro, ma riformista, che si è trovato orfano con la scomparsa dei vecchi partiti. Del resto un attento esame del voto dei territorio in Liguria fa emergere chiaramente, che senza il voto di Imperia Bucci non avrebbe vinto, ed il voto di Imperia è stato pilotato da quel vecchio navigatore della politica, che è Claudio Scaiola ex DC ed ex FI, che comunque quello spazio di centro ha sempre coltivato. Una medesima analisi l’ha fatta Giuseppe Sala sindaco di Milano, che ha sempre vinto perché percepito come particolarmente attento a quello spazio elettorale popolato di seria imprenditoria e rappresentanti del ceto medio alto dal quale del resto lo stesso Sala proviene. Non dimentichiamo inoltre che il ceto operaio e impiegatizio è diventato insofferente delle tante promesse elettorali ,non mantenute, di cui la destra è stata larga dispensatrice. Del resto anche a sinistra un dirigente del calibro di Goffredo Bettini si è accorto della necessità di coprire quello spazio evocando un qualche federatore, tipo Francesco Rutelli o Paolo Gentiloni, capaci di raccogliere quelle istanze espressione del malessere, che molto probabilmente si rifugia nel largo astensionismo registrato in ogni votazione. Bettini, Sala ed altri, invocando una nuova formazione di centro a sostegno della sinistra forse però dimenticano che quello spazio ora sembra monopolizzato dai due eterni litiganti ed inguaribili perdenti Calenda e Renzi, che faranno del tutto per non cedere al altri quello spazio. Allora forse è necessario ancora una volta chiedersi perché appaltare ad altri la rappresentanza del centro, per ora senza una guida riconosciuta e affidabile e non riprendere invece il discorso di un partito a vocazione maggioritaria, che intenda rappresentare e coagulare in modo pluralistico i vari segmenti di una società complessa come la nostra? Sarebbe opportuno che ci si rendese conto, anche dalle parti del Nazzareno, che è sempre più urgente rispondere positivamente a questa domanda. Questa domanda va posta anche a Elly Schlein troppo appagata, per ora, dal buon risultato del PD a sua guida e troppo impegnata a salvaguardare il rapporto con i 5Stelle a guida Conte, così assorbito invece dal regicidio del fondatore del Movimento.