IL CONFLITTO EBRAICO PALESTINESE INFIAMMA IL MEDIO ORIENTE

di Pierluigi Castellani

Ancora una volta la guerra, perché di guerra si tratta, che si combatte nella terra sacra ai credenti di tutto il mondo rivela tutta la sua crudeltà e ferocia. In entrambi i fronti si contano vittime civili e bambini innocenti. La diplomazia internazionale stenta a trovare una soluzione almeno per una tregua che veda cessare da una parte il lancio di missili su Israele e dall’altra i bombardamenti sulla striscia di Gaza da parte dell’aviazione israeliana. Colpe e recriminazioni esistono dall’una e dall’altra parte. La pioggia di missili, in gran parte forniti ad Hamas dall’Iran, viene giustificata come una reazione alle provocazioni soprattutto della destra israeliana che mira, anche con discutibili espedienti giuridici ,a sloggiare gli arabi da Gerusalemme est e dall’altra la reazione del governo Netanyahu, che asserendo di essere legittimato dal suo diritto di difesa, non risparmia bombe nel tentativo di colpire i punti nevralgici del potere di Hamas con la conseguenza di provocare anche vittime civili. Dietro naturalmente c’è la lunga storia dell’insanabile ferita che divide israeliani e palestinesi dalla nascita dello stato israeliano. Una storia che non risparmia una nascosta ed insidiosa lotta tra i rispettivi servizi segreti, da una parte il Mossad israeliano e dall’altra le azioni terroristiche che gli estremisti di Hamas non hanno mai risparmiato. La pace, a lungo ricercata ed agognata, rimane un obbiettivo lontano a cui nessuno sembra realisticamente lavorare. Non ci sono più neppure leader carismatici ed illuminati come  Yasser Arafat  o  come Shimon Peres e Yitzhak  Rabin. Ora c’è il discusso e contestato Netanyahu, ancora alla guida del governo per prorogatio, stante il fatto che le forze politiche israeliane non trovano una maggioranza per formare un governo pienamente legittimato, e Abu Mazen alla guida dell’Autorità Palestinese, che non riesce a tenere a freno le forze più integraliste che da tempo guidano la striscia di Gaza. Anche gli Stati Uniti di Biden stentano a risalire la china dopo la politica disastrosa di Trump. Ma allora il mondo si deve rassegnare a vedere dilaniati quei popoli che dovrebbero invece vivere pacificamente in quel territorio nell’obbiettivo, già da tempo delineato dall’ONU, dei due popoli e due stati? Ci si può rassegnare a vedere le sofferenze delle vittime innocenti, la sofferenza  dei bambini a cui è negato ogni futuro? Credo che tutti debbano riflettere anche di fronte alle accorate parole di Papa Francesco, mai stanco di reclamare pace e concordia per quei popoli in guerra. Ogni volta che penso , come ora, al conflitto ebraico palestinese mi torna alla mente la risposta che dette ad una mia domanda la guida cattolico maronita del pellegrinaggio in Terra Santa cui partecipavo. Alla mia domanda: ” Ma perché due popoli che si riconoscono nelle stesso ceppo del patriarca Abramo non riescono a trovare un accordo ?” La guida rispose: ” Ma ad entrambi manca Gesù Cristo”. Cioè, per essere chiari, la disponibilità alla tolleranza ed al reciproco perdono. E’ per questo che, nonostante tutto, anche se Cristo sembra assente da quell’orizzonte, non si deve mai rinunciare a pensare che in ogni caso il Crocifisso, Salvatore del mondo, rimane l’unica speranza da coltivare.