IL CORTOCIRCUITO DELLA MELONI

di Pierluigi Castellani

Arriva un momento in cui anche  i più tetragoni a non accettare la realtà si devono arrendere. Ora è arrivato il momento della Meloni. Basta riandare alle promesse elettorali per accorgersi quanto sia la differenza tra quelle promesse e l’attuale performance del governo di destra. Basta riandare alla memoria di annunci, già allora improbabili, come: toglieremo le accise sulla benzina, in Europa sarà finita la pacchia, faremo il blocco navale nel Mediterraneo, basta con i bonus e quant’altro. Se aggiungiamo a tutto questo l’azzeramento della legge Fornero sulle pensioni sbandierata da Salvini e l’innalzamento della pensione sociale, promessa da FI, il quadro è perfetto. Ora invece dobbiamo constatare che la Meloni non ha confermato neppure il taglio delle accise fatto dal governo Draghi e che si parla di allineare il costo del diesel a quello della benzina, che in Europa la premier ha dovuto piegarsi alla logica di una UE , che per vivere deve maggiormente integrarsi mettendo all’angolo i rigurgiti sovranisti non estranei a FDI e che Meloni ha dovuto trattare con Ursula von der Leyn, che aveva contrastato con il voto contrario alla riconferma, per ottenere una sesta vicepresidenza esecutiva per il suo Fitto ( forse erano d’accordo in tal senso fin dall’inizio?). Così è per il blocco navale per i migranti messo in soffitta per accordi costosi con la Libia e la Tunisia e la surreale ed inutile intesa con l’ Albania, mentre anziché il basta alla politica dei bonus questa viene portata avanti con alacrità dal governo ( si pensi alle 100 euro bonus Befana, ed altro). Insomma niente di strutturale , ma solo provvedimenti assistenziali , che certamente non fanno recuperare ai cittadini l’erosione della loro capacità di spesa dovuta all’inflazione. A tutto questo deve aggiungersi la questione pensioni. Anziché azzerare la Fornero si va verso l’innalzamento dell’età pensionabile anche se in prima istanza su base volontaria e poi la pensione sociale è ben lungi dall’essere stata aumentata a mille euro mensili. Altra difficoltà per il governo di destra si sta avvicinando con il rallentamento della produzione industriale, che condurrà ad un abbassamento del pil, mentre il tanto decantato aumento dell’occupazione non si rivela tale se si guarda ai cassaintegrati, agli occupati a termine con poche ore ed al basso salario, che la Meloni ostinatamente ha contrastato rigettando la proposta dell’opposizione sul salario minimo. C’è poi lo scenario internazionale che rivelano un raffreddamento della Meloni nei confronti dello sbandierato atlantismo, dovuto molto probabilmente all’attesa dell’esito delle prossime elezioni americane, a proposito delle quali la premier non può rinnegare la sua amicizia per i repubblicani americani e per Donald Trump, mentre in Europa è da registrare una sua freddezza nei confronti dell’Ucraina nonostante la sua sbandierata amicizia con Zelensky. Per questo la dura realtà si sta rivoltando contro la premier ed è anche per questo che la sua coalizione non è poi così coesa come si vuole far credere.  Il disaccordo tra Tajani ,leader di FI, e Salvini è sempre più evidente ed è clamorosamente  emerso per la diversa valutazione sull’avanzata della destra estrema in Europa purtroppo confermata dalle elezioni in Austria. Per Tajani c’è un no secco ad ogni accordo con i partiti della destra estrema con reminiscenze neonaziste mentre Salvini con i suoi Patrioti, guidati da Orban, esulta per i loro successi mettendo a rischio anche i delicati equilibri su cui si poggia la politica della nuova commissione Europea. La realtà è dura da accettar e per gestirla occorrerebbero lungimiranti statisti, ma in giro purtroppo, al momento, non se ne vedono.