LA SCOMPARSA DI DE MITA
Il nome di Ciriaco De Mita non dirà nulla ai giovani impegnati quotidianamente nell’uso dei social ed a coloro, che hanno conosciuto la politica ai tempi della cosiddetta seconda repubblica , De Mita, scomparso a 94 anni nella sua Nusco dove era ancora sindaco in carica, ricorderà una specie di dinosauro sopravvissuto alla fine della prima repubblica e di quei partiti che l’hanno animata. Lo stesso De Mita riconosceva di non trovarsi a suo agio in un momento in cui manca la ricerca di un pensiero lungo ,che animi il confronto politico. Per il leader irpino infatti è il pensiero che crea la politica e non altro. Si ricorderanno i suoi lunghi ragionamenti, che accompagnavano sempre i suoi discorsi volti ad esaminare i fatti ed a convincere in un dialogo permanente perché la ” politica è processo”, come amava spesso ripetere, è quindi anche continua ricerca, ” non del tutto neutra – come chiarì nel libro intervista con Arrigo Levi – , ma in qualche modo illuminata da alcuni valori fondamentali”. Ma si tradirebbe la memoria di questo statista se non la si vedesse immersa nella storia della DC. ” De Mita – lo abbiamo chiesto al nostro direttore – fu il principale esponente della corrente si sinistra, detta di Base, della Democrazia Cristiana insieme a Giovanni Galloni, Giovanni Marcora, Luigi Granelli, Riccardo Misasi. La sinistra di Base alimentò il dibattito all’interno del partito, che poi condusse al governo di centrosinistra con i socialisti realizzato da Aldo Moro. Furono anni di grande vivacità ed elaborazione culturale. De Mita si contraddistinse soprattutto perché in quegli anni difficili, che videro le rivolte degli studenti nel sessantotto , cercava di distogliere la DC dalla spasmodica ricerca del potere, perché appunto è il pensiero che alimenta il potere e non viceversa. Cercò, anche dopo i primi governi di centrosinistra, di allargare il confronto con tutti, soprattutto con il PCI, partito di massa espressione di una larga fetta del mondo operario. Fu in qualche modo l’inizio della politica del confronto di Moro e di Zaccagnini. Non a caso si realizzò subito una forte sintonia tra De Mita e Moro. Ricordo che in uno dei tanti convegni della corrente di Base ,a cui ho potuto partecipare, De Mita disse che il dialogo della sinistra DC poteva avere solo un interlocutore e questi era Aldo Moro. Anche gli anni in cui divenne segretario nazionale della Dc e poi anche Presidente del Consiglio dei Ministri furono caratterizzati da quel suo continuo ragionare per trovare soluzioni e cercare di convincere. Furono anche gli anni del suo duello con Craxi con cui poco condivideva essendo due personaggi fortemente caratterizzati, uno con la sua ossessione del ragionare e l’altro invece con il suo ardito movimentismo. La fine della Dc lo trovò in qualche modo spiazzato anche se continuò quel suo parlare di politica in modo profondo ed appassionato. Ricordo che in quegli anni insieme ad alcuni colleghi lo andammo a trovare nella sua casa romana e ci accolse seduto in una poltrona con alle spalle scaffali pieni di libri. Un modo per ricordarci che da lì bisognava comunque partire. Certo non furono solo luci, ci fu anche qualche ombra, come quando lasciò il PD, a cui aveva aderito, perché non fu ricandidato alle elezioni e passò poi all’UDC. Ma anche il suo impegno, da novantenne, a sindaco della sua città sta a ricordare a tutti come la politica sia, non una insignificante parentesi, ma una scelta di vita al servizio della comunità finché si ha forza e coraggio da offrire agli altri”.