LA SFIDA DI DRAGHI ALL’EUROPA

di Pierluigi Castellani

Il report sulla competitività di Mario Draghi ,redatto per conto della Commissione Europea, ha messo a nudo, potremmo dire impietosamente, la difficile situazione in cui si trova l’Europa, che se non cambia in direzione di una maggiore integrazione non potrà fare fronte a quanto la competizione in un mondo globalizzato richiede. Infatti siamo in una situazione internazionale in cui solo grandi attori come America e Cina possono sostenere una competitività sempre più accesa riguardo alla capacità produttiva e alla innovazione che possono mettere in campo. Il costo dell’energia, delle materie prime, della transizione energetica, della necessaria uscita dall’uso dei carboni fossili se non compensato dall’aumento della produttività, non può consentire il mantenimento del diffuso welfare fino ad ora assicurato ai cittadini europei Senza considerare la necessità di far fronte a quanto impone assicurare quella pace di  cui l’Europa ha fino ad ora goduto. Draghi ha detto con chiarezza a chi ancora si trastulla con i nazionalismi e i sovranismi, che senza una maggiore integrazione e cooperazione in settori strategici come l’energia, l’industria, l’approvvigionamento energetico, la sicurezza , la difesa, il sistema fiscale l’Europa, che già vive una evidente crisi,  è destinata ad un lento inesorabile logoramento. Ma la sfida lanciata da Draghi  non tutti l’hanno compresa, tanto che si sono avvertiti inspiegabili silenzi e freddezze da parte di alcune forze politiche e stati allergici a comprendere ,che una maggiore integrazione è necessaria, che c’è bisogno di più Europa e non meno Europa come purtroppo si è letto in alcuni slogan  utilizzati nella recente campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo. Si è visto come sono risorte istanze sovraniste in importanti paesi europei come la Germania e la Francia, paesi fondatori dell’UE e fino ad ora motori del processo europeo. Senza dimenticare anche in casa nostra quanto rappresentato dalla Lega di Salvoni e da FDI della Meloni. Basta pensare quanti sono insorti contro la raccomandazione di Draghi di cambiare i trattati per superare il voto all’unanimità, che pone in mano ad  un singolo paese, anche piccolo, l’arma del veto, paralizzando quindi ogni progresso verso una maggiore integrazione europea. Anche la difficoltà che sta caratterizzando la nomina della nuova commissione è sintomo di quanto sta attraversando ora l’Europa. La maggioranza che si è trovata intorno alla conferma a presidente della Ursula von der Leyen vuole giustamente salvaguardare la spinta al rafforzamento dell’Europa con una maggiore integrazione, senza condizionamenti e rallentamenti  da parte del fronte sovranista, che si ritrova intorno ai Patrioti di Orban, Le Pen e Salvini. Nel mezzo si trova Giorgia Meloni con i suoi conservatori , ma non riesce a fare scelte chiare rispetto a questo processo, tanto che c’è in quel raggruppamento chi parla  di rinazionalizzare alcune competenze ora assegnate all’UE. Del resto sta qui anche la difficoltà che sta incontrando il commissario designato dal governo italiano per la commissione. Raffaele Fitto, pur considerato un moderato quale esponente di FDI, deve garantire che lavorerà per l’Europa senza cedere alle istanze sovraniste pur diffuse all’interno dello schieramento governativo del nostro paese. Si pone quindi ancora una volta la domanda alla Meloni: da quale parte vuoi stare, nel solco della tradizione europea dell’Italia o con chi come Orban , Le Pen, Salvini e gli altri paesi del gruppo Visegrad stanno remando contro anche  con quello strisciante filoputinismo che li caratterizza ? Naturalmente non possiamo trascurare che la sfida di Mario Draghi è lanciata anche ad alcuni paesi importanti come la Germania e i cosiddetti frugali, che si oppongono ad ogni ipotesi di eurobond, strumento che sarà necessario per finanziare i corposi interventi  suggeriti dall’ex Presidente della BCE. Insomma Draghi ha detto chiaramente che il re è nudo. Tutti ne devono prendere atto. Altrimenti nello scenario geopolitico che si sta delineando l’Europa, disarticolata e disunita, rimarrà una zattera in preda ad una tempesta.