LA VIOLENZA E LA POLITICA

di Pierluigi Castellani

Dopo l’attentato a Donald Trump non si può sfuggire all’interrogativo di come nella politica abbia fatto così clamorosamente irruzione la violenza. Non è certo una novità, perché il novecento negli USA è stato il secolo dell’assassinio dei due Kennedy di cui il primo ,quello contro il presidente JF Kennedy, nonostante tutte le inchieste non si è fatta piena luce. Ma del resto l’America è il paese dell’assassinio di Abramo Lincoln e delle stragi  di pazzi esaltati dotati di armi con tecnologie avanzate, che circolano senza alcun controllo  senza che la politica sia riuscita a produrre normative stringenti per limitarne la circolazione. Ma c’è un aspetto della politica americana, che può riguardarci da vicino. Cioè la forte polarizzazione dove gli avversari facilmente sono additati come nemici con un linguaggio spesso sopra le righe ed  al limite dell’insulto. Perché tutto questo? Perché anche in Italia siamo giunti ad una forte polarizzazione della politica? Si dirà che è stato sempre così , anche il nostro paese ha dovuto registrare la violenza nella politica a partire dall’attentato a Palmiro Togliatti ed alla statuetta contro il viso di Silvio Berlusconi. Però nella cosiddetta prima repubblica qualcosa di diverso c’era e forse rendeva anche la forte polarizzazione politica vaccinata contro ogni deriva violenta. Infatti quegli anni dell’ultimo dopoguerra furono segnati da un forte attaccamento ai valori sanciti nella Costituzione ,che tutte le forze antifasciste contribuirono a scrivere. Quella fu la base che impedì alla lotta politica di degenerare in  violenza. Quando tutte le forze politiche si ritrovano ad avere una base comune di valori condivisi da difendere difficilmente anche l’aspro confronto può degenerare.  Ed  ora che siamo nel terzo millennio si è persa quel comune senso di appartenenza? Mi piacerebbe rispondere di no, ma qualcosa me lo impedisce, perché i tentativi di cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza senza comune condivisione sono stati molti ed anche con il centrosinistra. Tutti quindi hanno contribuito ad alterare quel clima in cui il confronto politico era al riparo di una comune condivisione nell’esercizio della democrazia e della libertà. Ed ora non basta una partita del cuore, come avvenuto di recente a l’Aquila, per far ritrovare insieme maggioranza ed opposizione,. Ci vuo9le qualcosa in più e certamente  la riforma del premierato ,ora in discussione, che mette a rischio la democrazia rappresentativa come fino ad ora l’abbiamo conosciuta, certamente non aiuta. Per cambiare la Costituzione ci vorrebbe una larga convergenza per mettere il paese al riparo da una forte e sistematica polarizzazione. E certamente l’uso esagerato dell’istituzione referendum non aiuta. Perché quando l’elettore viene messo di fronte ad una esemplificazione, come avviene tra il sì e il no, può pensare che tutto sia facile da risolvere quando invece la democrazia e la politica ha spesso di fronte cose molto complesse da sciogliere, che solo nel confronto parlamentare possono essere risolte. Infatti più volte è stato osservato in questi anni di pratica democratica nel nostro paese che la democrazia diretta , cioè il diffuso slogan dell’uno vale uno tanto per intenderci, può arricchire ma non può sostituire la democrazia rappresentativa, che è il vero baluardo di ogni libertà. Bandire quindi ogni presunta semplificazione dal dibattitto politico, accettando quindi la complessità dei problemi che la società ha di fronte, significa già fare un importante passo per bandire dalla politica ogni violenza.