LE ELEZIONI IN SARDEGNA E IL CAMPO LARGO
di Pierluigi Castellani
La vittoria, per una incollatura, della grillina Alessandra Todde fa gioire Giuseppe Conte ed Elly Schlein, che trovano con questo successo una nuova legittimazione alla loro leadership nei rispettivi partiti. Ma chi ha veramente vinto in Sardegna ? Certamente la Todde, ma il campo largo? A questo punto necessita una più seria e profonda riflessione al di là del comprensibile entusiasmo di queste ore. Credo che più che una vittoria va registrata una sconfitta. La Meloni esce molto male da questa competizione. Ha imposto, dopo un lungo braccio di ferro con Salvini, un candidato che non si è dimostrato all’altezza. Ha perso clamorosamente nella Cagliari di cui è sindaco come nelle città più grandi dell’isola. Ciò significa che era un candidato non capace di attrarre consensi tra i sardi, delusi anche dal governo del precedente presidente Solinas, tanto è vero che il vero vincitore di queste elezioni è il voto disgiunto. Un buon 4% di elettori del centrodestra ha votato la coalizione di Truzzu ma poi per la presidenza ha votato la Todde. Questo voto ha più di una spiegazione, ma certo insieme a chi apprezzava il radicamento territoriale della candidata del centrosinistra c’è un evidente voto di protesta ,che ha voluto punire l’imposizione della Meloni troppo sicura della sua leadership senza molto riguardo per i suoi alleati. Ci sarà qualche conseguenza nel centrodestra oltre l’apparente compattezza dimostrata in queste ore. E nel campo del centro sinistra , smaltito l’entusiasmo delle prime ore, è necessario un attento esame per non sbagliare le prossime scelte per le competizioni, che si annunciano da qui a qualche mese. Il campo largo non ha vinto. Ci sono quasi sei punti di distacco tra la coalizione di centrosinistra e quella di centrodestra. Questo significa che la candidata Todde ha avuto un suo personale traino, ma anche che la somma dei partiti della sua coalizione non è sufficiente per guardare con ottimismo alle prossime consultazioni elettorali. In effetti in Sardegna il campo del centrosinistra non è poi stato largo quanto si vuole far credere, perché la candidatura di Renato Soru, certamente velleitaria, dimostra con il suo abbondante 8% di consensi, che c’è ancora molto da arare per far sì che il campo sia poi davvero largo. Sarà difficile questa strada. Le differenze tra le varie forze politiche , attualmente all’opposizione del governo Meloni, sono molte e sarà arduo superarle per chi vorrà provare a costruire una credibile alternativa all’attuale maggioranza di governo. C’è anche l’ostacolo della forte personalizzazione che i leader di queste forze esprimono. Come si potranno conciliare le suggestioni e le aspirazioni populiste di Giuseppe Conte, ancora orfano di Palazzo Chigi, con il radicalismo della Schlein, per non parlare poi dell’egocentrismo di Calenda e Renzi ? Per questo ha ragione Romani Prodi quando invoca un federatore per il centrosinistra, che sarà per forza esterno e dovrà avere la capacità di offrire al paese non solo un serio programma di governo, che contempli tutte le esigenze delle varie forze politiche, ma che sappia anche scaldare i cuori e offrire speranza agli elettori di centrosinistra stanchi delle varie baruffe dei leader e disorientati dalla perenne concorrenza in vista delle elezioni europee dove si vota con il proporzionale. Per questo attendendo il federatore una giusta e seria riflessione su quanto avvenuto in Sardegna è comunque necessaria.