LO STRAPPO DEI CINQUE STELLE
di Pierluigi Castellani
Era tutto prevedibile. Si temeva che si realizzasse. E’ accaduto. La linea barricadera di ritorno alle origini è prevalsa nel movimento di Grillo impersonata da un irriconoscibile Giuseppe Conte, che del resto ha da tempo abbandonato i toni istituzionali dell’uomo con la pochette e che una volta sedeva a Palazzo Chigi. Dopo la scissione di Di Maio ed il pessimo risultato registrato nelle ultime elezioni amministrative Conte ha creduto di poter risalire nei sondaggi prendendo le distanze dal governo e risfoderando i temi delle origini, non riflettendo sul fatto che gli elettori di una volta o sono transitati in altri partiti o si sono rifugiati tra i non votanti da dove sarà difficile schiodarli. Del resto il populismo del grillismo vecchia maniera difficilmente può convivere con l’illuminato pragmatismo di Mario Draghi. La difficile congiuntura in cui si trova l’Italia con la crisi innescata dalla guerra in Ucraina, andata a sovrapporsi alla crisi dovuta alla pandemia ancora non sconfitta, non è valsa a far ragionare i 5Stelle , che probabilmente hanno cercato di perseguire un cinico disegno : prendere le distanze dal governo, ma rimanere nel governo per poter lucrare l’insoddisfazione degli italiani oppressi dal caro energia e dalla salita dei prezzi con l’inflazione che ha oramai raggiunto l’ 8 %. L’obbiettivo era essere di lotta e di governo come del resto sta un po’ perseguendo la Lega di Salvini, che vive in modo ansiogeno l’avanzamento nei sondaggi del partito di Giorgia Meloni indubbiamente favorito dall’essere l’unica forza di opposizione al governo Draghi. E il futuro dell’Italia, favorito dal prestigio internazionale conquistato da Mario Draghi, l’indubbio favore fatto alla Russia di Putin, che vede venir meno una figura come quella del Presidente del Consiglio tra i primi nella solidarietà offerta dall’Europa e dall’Occidente all’Ucraina ? Tutto questo non interessa minimamente al populismo di casa nostra, perché a ben guardare è proprio il populismo la malattia della nostra democrazia. C’ è una spia che rivela questo e che vede affiancati sia Conte che Salvini, entrambi hanno pressantemente chiesto a Draghi di finanziare le loro richieste con un ulteriore scostamento di bilancio, incuranti del fatto che il nostro paese non può aggiungere altro debito al già gravoso debito che incombe sulle spalle dei nostri figli e nipoti . E non già perché ce lo impedirebbe l’Europa, ma perché nella fase in cui ci troviamo lo spread salirebbe a livelli incontrollabili e gli investitori abbandonerebbero l’Italia con le conseguenze facilmente immaginabili. Ora che cosa accadrà ? Il Presidente della Repubblica non ha accolto le dimissioni di Draghi e lo ha invitato a riferire al parlamento. Il Pd ed altre forze della maggioranza sperano che ci sia un chiarimento in parlamento e che il governo possa superare questo incidente e riprendere il suo cammino. Ma è difficile credere che Draghi possa ritirare le dimissioni e rimanere in balia di forze politiche tutte già in campagna elettorale per il rinnovo delle Camere comunque previsto per la prossima primavera con la scadenza naturale della legislatura. Draghi non è un politico, ha un prestigio internazionale, che non può essere compromesso dalla guida di una traballante maggioranza, né potrà guidare un governo elettorale. Non restano quindi che elezioni anticipate ai primi del prossimo ottobre con la vecchia legge elettorale e con un panorama politico frammentato in cui alla fine prevarrà una forte polarizzazione, terreno fertile per ogni populismo. Dobbiamo prepararci al peggio mantenendo una flebile speranza, che l’appello alla responsabilità da più parti evocata possa alla fine prevalere.