REFERENDUM SI O NO

di Pierluigi Castellani

Il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari sta scaldando il dibattito politico  mentre prima sembrava interessare poco le forze politiche. Questo dibattito sta evidenziando anche crepe e distinguo sia nella maggioranza di governo che nell’opposizione. Formalmente il si sembra avere un vantaggio sul no difficilmente colmabile. L’ultima votazione in parlamento ha registrato l’adesione al si dei 5Stelle, del PD, della Lega, di FDI  ed anche di parte di FI , quindi di una larga maggioranza quasi la totalità del parlamento. In queste ultime settimane però il no ha guadagnato consensi all’interno dei partiti già schierati per il si, nel mondo accademico e in quella parte dell’opinione pubblica che comincia a chiedersi che senso ha ridurre i parlamentari senza affrontare una rivisitazione della costituzione con il superamento del bicameralismo paritario, non chiarendo  il rapporto tra stato ed autonomie regionali e locali in un’ ottica di una effettiva efficientizzazione dei lavori delle due camere e di tutta la macchina pubblica.  Non a caso Romano Prodi su Il Messaggero del 28 agosto scrive :”  pur riconoscendo che, dal punto di vista funzionale, il numero dei parlamentari sia eccessivo, penso che sarebbe più utile un voto negativo, proprio per evitare che si pensi che la diminuzione del numero dei parlamentari costituisca una riforma così importante per cui non ne debbano seguire altre, ben più incisive per il futuro del nostro Paese”. C’è inoltre diffuso il timore che riducendo la rappresentanza si riducano anche gli spazi di democrazia facendo venire  meno la possibilità per tutte le opinioni, anche quelle minoritarie, e per tutti i territori, di trovare spazio per propri rappresentanti in parlamento. Questo avverrebbe soprattutto al Senato ove i 200 senatori assegnati potrebbero divenire appannaggio soltanto delle forze politiche maggiori. Viene notato inoltre che questa riduzione, bandiera identitaria del movimento di Grillo, possa apparire come un ulteriore cedimento al populismo ed all’antipolitica e quindi aggravando la distanza tra eletti ed elettori ed accrescendo lo svilimento del ruolo del parlamento in una democrazia come la nostra, che resta rappresentativa, perché così disegnata nella costituzione. Infatti le recenti prese di posizione di leader 5Stelle, come Luigi Di Maio, non riprendono più il ritornello del risparmio, tipico del repertorio populista anticasta ,ma cercano di addurre motivazioni al si evidenziando una presunta snellezza e velocizzazione dei lavori parlamentari. Rimane  il PD che non ha adottato ancora una posizione ufficiale per orientare i suoi elettori. Zingaretti  ha ricordato quali fossero le condizioni per approvare il taglio dei parlamentari: una nuova legge elettorale, una revisione della costituzione che preveda il ridimensionamento del numero dei delegati regionali per la elezione del Presidente della Repubblica e l’eliminazione della base regionale per la elezione dei senatori. Nessuna di queste condizioni è stata per ora soddisfatta anche se   i 5Stelle dichiarano la loro disponibilità ad onorare il patto sottoscritto. Staremo a vedere. Ci auguriamo che in ogni caso gli elettori vengano indotti a votare sulla base di argomenti razionali e che non venga portata, per questa via, ancora acqua al mulino dell’antipolitica.