RIFLESSIONI SULLA SANITA’ UMBRA ED ALTRO

di Pierluigi Castellani

La puntuale ed impietosa indagine sulla sanità lombarda, che Milena Gabanelli e Simona Ravizza hanno pubblicato sul Corriere della Sera del 15 aprile, pone qualche interrogativo anche alla nostra regione. Non si può infatti dimenticare lo slogan con il quale Matteo Salvini ha guidato la campagna elettorale della  Lega e di tutto il centrodestra per la conquista della regione: liberiamo l’Umbria. Ora che il presidente della Lombardia Fontana ha annunciato la via lombarda alla libertà con la ripartenza, in solitaria, della sua regione dal prossimo 4 maggio il ricordo della libertà promessa agli umbri dal leader leghista può assumere una connotazione vagamente sinistra. Se infatti quell’invocazione dovesse malauguratamente tradursi nell’assunzione del modello lombardo anche per la sanità umbra dovremmo invitare tutti, ed in primo luogo la presidente Tesei e l’assessore Coletto, che per la verità essendo veneto dovrebbe rifiutarsi di assumere la Lombardia come modello, a rileggersi attentamente quanto dicono  Gabanelli e Ravizza nell’articolo sopra ricordato. ” Il sistema ospedaliero, dove pubblico e privato sono stati nel corso degli anni messi sullo stesso piano, va ( con riferimento all’emergenza del coronavirus)  subito in crisi” e aggiungono le due giornaliste ” la rete dei medici di base e dei distretti, cruciale nell’intercettare un paziente all’esordio dei sintomi ed evitare che degenerino, è stata smontata nel corso degli anni”. Poi quello che è stato registrato in Lombardia è purtroppo cronaca quotidiana di questi giorni. Non  così è avvenuto in Umbria, o almeno non è accaduto nella dimensione dell’area milanese e bergamasca, ed una qualche ragione c’è. Certamente lo si deve al generoso impegno dei nostri medici ed operatori sanitari, ma indubbiamente anche alle modalità con le quali è stato strutturato il nostro servizio sanitario. A differenza dell’esperienza lombarda l’Umbria ha mantenuto significativo e forte il presidio pubblico nel settore e  non ha puntato tutto sulla ospedalizzazione ma ha incentivato con efficacia i presidi medici sul territorio, che sono da sempre le necessarie sentinelle per ogni emergenza di tipo sanitario. Per questo l’interrogativo che è legittimo porsi è se la presidente Tesei vuole davvero assicurare all’Umbria una sua via alla libertà sul modello tanto esaltato in campagna elettorale. E’ pur vero, e certamente non lo dimentichiamo, che la Lega è al comando anche della regione veneta dove le difficoltà avvertite in Lombardia non si sono presentate. Evidentemente ogni regione ha una sua storia a parte come del resto l’Umbria e nella nostra regione, nonostante tutto quello che si è detto in occasione della campagna elettorale, il servizio sanitario ha una storia di eccellenza sia nel settore ospedaliero che in quello della medicina nel territorio e sarebbe augurabile che questa storia non venisse  archiviata. Questa vicenda conduce però anche ad almeno altre due considerazioni. Una attiene all’autonomia regionale, tanto rivendicata dalla Lega che attraverso le regioni governate ne ha chiesto il rafforzamento. Ebbene come mai il presidente Fontana, tanto geloso di questa autonomia da rivendicarne anche il rafforzamento, non l’ha esercitata quando si è tratto di chiudere i comuni di Nembro e Alzano nel bergamasco ed ha atteso invece il provvedimento del presidente Conte del 7-8 marzo? In quelle due località si è sprigionato il focolaio del contagio con le conseguenze che purtroppo conosciamo. E l’altra considerazione attiene al costume che ha  il presidente Fontana, in questo in armonia con tutti i leader populisti, di non riuscire mai ad essere coerente con sé stesso. Pochi giorni fa’ Fontana ha negato severamente, adducendo lo stato di pericolosità, l’apertura delle librerie e cartolerie in Lombardia consentita invece dal provvedimento governativo ed ora prefigura addirittura la ripartenza della sua regione il prossimo 4 maggio. Questo modo di fare, di  continui stop and go, è tipico del populismo. Il populismo cerca il consenso assecondando  il più superficiale velleitarismo dell’opinione pubblica, prima preoccupata della diffusione del contagio ed ora con una grande voglia di normalità e di ripartenza. Basta pensare a quanto avviene nell’America di Trump e nel Brasile di Bolsonaro senza dimenticare l’immunità di gregge invocata da Boris Johnson in Gran Bretagna per poi ricredersi, come è avvenuto, anche per la sua personale e dolorosa esperienza. Per questo una riflessione sulla inadeguatezza  dei leader populisti ad affrontare  emergenze come questa che stiamo vivendo andrebbe seriamente fatta anche perché  quello che attenderà il nostro paese passata l’emergenza è  di gravosa serietà. Basti pensare alle previsioni del F.M.I., che per l’anno in corso danno per l’Italia una flessione del pil del 9,1%. Tutti dovremo fare la nostra parte e soprattutto la politica a tutti i livelli. Speriamo che la politica italiana ne sia in grado.