Titolari di una cooperativa perugina a processo per caporalato: migranti sfruttati nei campi
Pagati meno di due euro all’ora per lavori massacranti nei campi. Sottoposti a condizioni di sfruttamento approfittando del loro stato di bisogno. E’ la storia di di alcuni lavoratori richiedenti asilo impegnati nei campi di aziende agricole del perugino. Una storia finita in un’aula del Tribunale di Perugia dopo la denuncia di alcuni migranti che hanno chiesto aiuto al sindacato. Una storia triste che ieri mattina è stata ricostruita davanti al Gup del Tribunale di Perugia, Margherita Amodeo. L’accusa è pesante: caporalato. Al termine dell’udienza preliminare i titolari di una cooperativa sociale, un uomo e una donna, sono stati rinviati a giudizio. Il 7 giugno prossimo inizierà nei loro confronti il processo. Il giudice sostanzialmente si è trovato d’accordo con la ricostruzione fatta in aula dal pm dell’inchiesta Tullio Cicoria disponendo il rinvio a giudizio dei due, il presidente e una consigliera della cooperativa sociale perugina. Secondo l’accusa sono stati 31 i lavoratori costretti a lavorare in “condizioni” di sfruttamento, con situazioni “alloggiative degradanti”. Due di loro si sono costituiti parte civile, così come la Flai Cgil. Per la procura della Repubblica i datori di lavoro” corrispondevano reiteratamente ai lavoratori retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti nazionali o territoriali, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro prestato”. Le indagini sono state condotte dai carabinieri dell’ispettorato del lavoro. I due imputati, difesi dagli avvocati Franco Libori e Matteo Marinacci, respingono tutte le accuse.