Vannino Chiti (ri)legga Tocqueville
di Pierluigi Castellani
Chiti continua anche nell’aula del Senato la sua battaglia per l’elezione diretta dei senatori come se fosse l’ultima roccaforte della democrazia. Forse Chiti ,e chi lo segue, farebbe bene a rileggere , o forse a leggere, una memorabile pagina di uno dei padri della democrazia : Alexis de Tocqueville.
Nella sua “La Democrazia in America”, opera fondamentale per chiunque si avventuri a discutere di democrazia, Tocqueville nel parlare del senato americano, allora eletto in secondo grado, e nel riscontrare che nel senato sedevano i cittadini migliori, si chiede :” Perché l’élite della nazione è in quest’aula ( il Senato) e non nell’altra (la camera dei Rappresentanti)”? E conclude:” Dunque anche i senatori sono, benché indirettamente, il risultato del suffragio universale. Infatti le legislature che li eleggono non sono corpi aristocratici o privilegiati, ma dipendono dall’universalità dei cittadini, sono elette ogni anno e possono essere composte ogni volta di membri nuovi. Ma basta che la volontà popolare passi attraverso questa assemblea per migliorare e uscirne rivestita di forme più nobili e più belle.”
Basta questo per far desistere Chiti e gli altri ? Non credo. Ma allora è proprio questa testarda insistenza a far nascere il dubbio se per caso ci sia dietro qualche altro disegno. Forse quello di far deragliare il convoglio, ormai partito, delle riforme ? Mi auguro di no. Ed allora tutti i dissensi sono legittimi, ma fare della elezione diretta dei senatori l’ultimo baluardo della democrazia o l’ultima barriera contro l’autoritarismo è davvero troppo.