Caporalato, primo arresto in Umbria
PERUGIA – Continua l’impegno del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro nel contrasto al fenomeno del caporalato. Dopo gli arresti per 603bis effettuato alcuni giorni fa nella provincia di Foggia, nella mattinata odierna i militari del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Firenze, coadiuvati da personale del Reparto Operativo Centrale del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro e del Nucleo Operativo del Gruppo Carabinieri per la Tutela del Lavoro di Roma, strutture dell’Arma che collaborano con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nonché da militari dei competenti Comandi dell’Arma territoriale, hanno tratto in arresto nelle province di Perugia (TODI), Verona e Padova n. 3 persone, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Firenze, resesi responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (cosiddetto “caporalato”), aggravato dalla violenza, dalla minaccia e dai maltrattamenti, nonché approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori (prevalentemente romeni ed albanesi).
La persona fermata a Todi è un rumeno di 45 anni A. M., residente in Toscana. Si era recato in Umbria perché, con una squadra di operai, doveva effettuare dei lavori in un vigneto sia nell’ambito del Comune di TODI che in quello di SPOLETO.
Nel corso della medesima operazione, denominata “Agri Jobs”, venivano eseguite in varie località del territorio nazionale perquisizioni domiciliari e di studi di consulenza, dei quali si avvalevano le persone arrestate. Inoltre si procedeva al sequestro di due società cooperative riconducibili agli indagati ed al sequestro dei relativi conti correnti bancari, nonché di un mezzo utilizzato per commettere i reati contestati.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, hanno avuto origine dalla morte avvenuta per cause naturali, il 7 novembre 2017, nelle campagne del Comune di Rufina (FI) di un cittadino romeno.
I militari del Nucleo Carabinieri Ispettorato del lavoro di Firenze intervenuti hanno avviato un’attività di indagine che ha consentito di identificare il “caporale”, cioè colui il quale fungeva da caposquadra che è stato trovato in possesso di appunti su cui erano annotati i programmi ed i luoghi di lavoro, i nominativi del personale impiegato, la paga (che variava dai 4 ai 5 euro all’ora) e finanche i mezzi di trasporto da essi utilizzati. L’ulteriore attività investigativa ha consentito di acclarare che il “caporale” a sua volta faceva capo ad un altro soggetto, vertice dell’organizzazione. Dalle indagini effettuati dai militari del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Firenze, nonché un’ accurata verifica documentale è stato possibile delineare l’esistenza di una associazione per delinquere. In particolare è stato individuato il soggetto principale, il quale aveva costituito una struttura stabile per la commissione dei reati contestati, utilizzando, per la gestione dei lavoratori, due società cooperative, nonché due immobili adibiti a dimora dei lavoratori stranieri e veicoli per il trasporto degli stessi verso e dai luoghi di lavoro. Il soggetto a vertice dell’organizzazione, coordinava l’attività dei sodali i quali seguivano le sue direttive in ordine al reclutamento dei lavoratori, facendoli giungere in Italia dalla Romania e dall’Albania, all’organizzazione dei turni di lavoro, ai pagamenti ed alle istruzioni volte all’elusione dei controlli ispettivi in materia di lavoro. In più occasioni – infatti – questi si è attivato per prendere tempo ed esibire alla polizia giudiziaria documenti falsi e redatti mentre il controllo era in atto e, successivamente al controllo, per “aggiustare” le dichiarazioni circa il numero di ore lavorate.
I lavoratori reclutati erano poi destinati ad essere impiegati, soprattutto in agricoltura, ma anche in edilizia, presso imprese in varie località del territorio nazionale (prevalentemente in Toscana e in Veneto) ma anche all’Estero (Svizzera).
Nell’ambito delle verifiche è emerso che le vittime versavano in stato di bisogno, in quanto privi di adeguati mezzi di sostentamento, venivano retribuiti con salari inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi di categoria, percependo difatti € 5,00 per ogni ora di lavoro prestato, lavorando finanche 11 ore al giorno, e comunque per un numero di giornate inferiore a quelle effettive e senza conteggio di straordinari, senza ricevere alcun prospetto paga e talvolta senza neppure un contratto di assunzione, oltre che in violazione di norme in materia di igiene e sicurezza (visite mediche e corsi di formazione), dormendo in un’abitazione messa a disposizione dalla cooperativa e per la cui sistemazione pagavano anche l’affitto. Taluni venivano minacciati, subordinando il pagamento integrale della retribuzione all’espletamento dell’intero periodo previsto.
Le ulteriori verifiche hanno accertato altresì il mancato versamento dei contributi previdenziali INPS per un ammontare di quasi 500.000 Euro.
Gli arrestati sono stati associati presso le rispettive case circondariali.