Caso Anas-Verdini, botta e risposta a Palazzo Cesaroni tra Bori e Melasecche: l’assessore respinge “qualsiasi allusione”
Botta e risposta in Consiglio Regionale sull’indagine degli appalti Anas che vede coinvolto Tommaso Verdini e il narnese Fabio Pileri. Il consigliere del Pd Tommaso Bori ha infatti illustrato l’interrogazione con la quale chiede “trasparenza e chiarezza per conoscere se i membri della Giunta regionale dell’Umbria, direttamente o tramite i loro staff, hanno avuto contatti con gli indagati in merito agli appalti al centro dell’indagine, e per sapere quali risvolti avranno le indagini sui lavori in Umbria, essenziali per il Paese e per la Regione”. L’assessore alle Infrastrutture Enrico Melasecche ha respinto “sdegnosamente qualsiasi allusione, senza tema di essere smentito”. “Emerge chiaramente – ha detto Melasecche – che si tratta di appalti gestiti dagli uffici centrali di Anas e quindi ammesso e non concesso che siano avvenute irregolarità, e questo è tutto da dimostrare, respingo sdegnosamente qualsiasi allusione”. Poi ha aggiunto: “Mentre conosco benissimo i vertici di tutte le società di Stato che svolgono funzioni connesse con le mie deleghe, non ho mai avuto contatti in merito agli appalti al centro delle indagini”. “Non mi interessa e non mi è mai interessato – ha proseguito Melasecche – andare a rimestare o tramare per favorire l’uno o l’altro. La nostra regione è eventualmente vittima di eventuali azioni che dovessero essere state commesse”. Bori ha parlato di “spettacoli aberranti” citando “il sottosegretario Sgarbi che dovrebbe vigilare sui furti di beni e opere d’arte” e le “feste di capodanno dove i parlamentari vanno con la pistola carica” mentre il ministro “Salvini non risponde in Aula come invece chiediamo a voi di fare rispetto alle inchieste sugli appalti Anasa” che “riguardano anche tanti cittadini come quelli umbri”. Il consigliere regionale del Pd ha quindi citato un’intercettazione agli atti nella quale chi parla dice che “bisogna annà a Perugia a dare due schiaffi a uno”. La stessa presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni è stata chiamata a rispondere nel corso della conferenza stampa di fine anno. Nelle carte, infatti, viene citato (ma non è indagato) il sottosegretario leghista al Mef Federico Freni e le opposizioni hanno già chiamato in causa il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, chiedendogli di riferire in Aula. Salvini per ora ha fatto sapere che non aderirà alla richiesta delle opposizioni. In Fratelli d’Italia la parola d’ordine per il momento è cautela, perché c’è una inchiesta della magistratura e non ci sono politici indagati. Ma certo la situazione è sgradevole, una “brutta storia”, dicono alcune componenti della maggioranza di centrodestra.