Da eroi a vittime, in Umbria crescono le aggressioni a personale del Pronto soccorso

Lavorare in area emergenza urgenza aumenta di due-tre volte il rischio di aggressioni rispetto lavorare in area medica. Sono dati raccolti dalla Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza. Un dato preoccupante che conferma un incremento della tensione tra pazienti, famigliari e operatori sanitari. Spesso si tratta di tensioni scaturite dalle lunghe attese e del sovraffollamento determinato dalle note carenze strutturali. Una situazione che non risparmia nemmeno l’Umbria dove negli ultimi mesi sono stati segnalati diversi episodi di violenza a danno di operatori sanitari. “Gli ultimi episodi di violenza – ha sottolineato l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto –  ci devono ancor di più far riflettere su quanto queste figure professionali vadano tutelate e, per certi versi, incoraggiate. A tal fine è necessario che il lavoro si svolga in un contesto che non genera ulteriori tensioni”. Proprio sul tema si è svolto un incontro presso la Scuola di amministrazione pubblica di Villa Umbra, una giornata di sensibilizzazione e anche di ascolto degli operatori che hanno vissuto momenti di violenza durante l’attività lavorativa. Dall’incontro è emerso che nell’ambito sanitario le aggressioni durante l’attività lavorativa, in particolare verbali, rappresentano una problematica in incremento e che, spesso, i pazienti arrivano già esasperati al Pronto soccorso, mentre il personale più esposto risulterebbe quello che opera al triage. E anche se il fenomeno è spesso sottostimato, ormai è stata raggiunta la consapevolezza che gli episodi per essere arginati, debbano essere denunciati. Quello che è certo è l’aumento degli episodi di violenza anche in Umbria. I casi di aggressione e violenza ai danni del personale sanitario accertati in Italia dall’Inail nel 2022 sono più di 1.600, in aumento rispetto al 2021 e al 2020. E ad essere aggredite sono soprattutto le donne, pari a oltre il 70% degli infortunati. Si tratta però di un dato parziale perché non comprende i medici e gli infermieri liberi professionisti che non sono assicurati dall’Inail, inclusi i medici di famiglia e le guardie mediche.