” E’ stato un incidente, scappavo perche’ avevano accerchiato l’auto”, si difende il 19enne albanese. Notte insonne a Capanne.
Prima notte nel carcere di Capanne per i tre giovani albanesi arrestati ieri sera dopo un lungo interrogatorio nella caserma dei Carabinieri di Bastia. Una notte insonne, tormentata dalla preoccupazione e consapevolezza della gravità della situazione. Una notte che non ha concesso alcun momento di riposo, che non ha dato tregua ai tre ragazzi residenti nel territorio tra Bastia e Assisi. Del resto l’accusa nei loro confronti è pesante: omicidio preterintenzionale e concorso in rissa. Si difendono, giurano che non volevano fare del male a Filippo, stavano soltanto scappando perché il gruppo di spoletini aveva accerchiato la loro auto. La ricostruzione fatta dai tre davanti al sostituto procuratore della Repubblica di Perugia Paolo Abbritti , gli ha evitato l’accusa più grave di omicidio volontario che consiste nel provocare volontariamente la morte di un’altra persona con una pena minima di reclusione a 21 anni. Il criterio distintivo tra l’omicidio volontario e l’omicidio preterintenzionale risiede nel fatto che nel secondo caso la volontà del responsabile esclude ogni previsione dell’evento morte, mentre nell’omicidio volontario la volontà è quella di uccidere. Per adesso la procura ha escluso il dolo intenzionale, credendo in parte alle loro dichiarazioni , ma aspetta di sapere i risultati dell’autopsia che sarà svolta dalla dottoressa Marta Bianchi. Ci sono diversi aspetti che vanno ancora chiariti ,a cominciare dalla causa della morte di Filippo: è stato il pugno sferrato dall’altro ragazzo albanese oppure il 24 enne di Spoleto è deceduto per l’investimento. Sul corpo di Filippo l’auto dei tre è passata una o due volte, altra circostanza decisiva per stabilire se c’è stato dolo intenzionale. Sono risposte fondamentali per stabilire le ipotesi di reato con le quali mandare a processo i tre. Il 19enne albanese alla guida dell’auto che ha investito Filippo, ha raccontato al dottor Abbritti e al tenente colonnello dei Carabinieri Marco Vetrulli che ” non voleva investire il suo coetaneo di Spoleto” . Stava scappando perché il gruppo degli spoletini era più numeroso e avevano accerchiato la Opel: ” Ho fatto retromarcia ma non mi sono accorto di niente”, avrebbe confessato in lacrime. Una tesi che può tenere però soltanto se l’autopsia e le testimonianze raccolte dai Carabinieri confermeranno che sul corpo del povero Filippo l’autovettura, da lui condotta , è passata una sola volta. Tante cose restano da chiarire che condizioneranno il futuro processuale dei tre.