La Cisl Umbria dice no al bullismo
PERUGIA – “Il caso di bullismo ai danni di alcune giovani ragazze in cura presso il centro per l’anoressia nella città di Todi, non deve essere enfatizzato, ma, allo stesso tempo, deve accendere un campanello di allarme in tutto noi”. Per la Cisl Umbria il caso tuderte mette in correlazione due spaccati molto complessi e drammatici dell’universo giovanile: da una parte il tema dei disturbi alimentari, sempre più frequenti negli adolescenti, dall’altra, il fenomeno del bullismo, che, l’Istat ci dice essere in continua crescita nel nostro Paese.
“A preoccuparci – ribadisce la Cisl Umbria – è il disagio di molti giovani, che in questo periodo di isolamento si è certamente acuito, e che in termini lavorativi si registra con il numero sempre più consistente dei Neet, ossia di chi non studia e, sfiduciato, non cerca lavoro”. Un quadro generazionale preoccupante, per la Cisl Umbria, su cui non si può non tentare di indagare su ragioni e cause.
“È opinione scientifica – prosegue la Cisl Umbria – come la pandemia con le sue conseguenze in termini sociali, economici e di necessarie restrizioni, come la chiusura di scuole, centri aggregativi e blocco delle attività sportive non possa non incidere sul percorso di crescita dei nostri giovani, che, in alcuni casi, trovano nell’aggressività, nella violenza, nella vessazione, una forma di reazione al proprio malessere. E in molti casi a subire questi comportamenti sono i soggetti più deboli, più introversi, incapaci di reagire e difendersi. Sappiamo perfettamente – aggiunge – che questi fenomeni vengono da lontano e la pandemia ha solo acuito comportamenti da condannare e per i quali il nostro comparto Scuola, da anni, si interessa in termini preventivi per contrastare il bullismo, nelle sue diverse declinazioni”.
La Cisl Umbria ribadisce che “il tema è di portata sociale talmente amplia, che lo stesso deve essere affrontato da ogni versante della rappresentanza sindacale, lavorando affinché, per affrontare il problema, entrino in sinergia istituzioni, professionalità del settore, insegnanti, famiglie e forze sociali. Questo perché i fattori che determinano il crescente malessere nelle giovani generazioni spesso nascono all’interno del nucleo familiare a causa di problemi legati al lavoro dei genitori, alla scarsa presenza, alla mancanza di dialogo e alla gestione economica della famiglia, che sono, in molti casi, effetto di carenze strutturali e sociali del nostro Paese. Ma soprattutto non possiamo ignorare che anche nella nostra regione i fenomeni legati al bullismo siano ormai una realtà e vadano combattuti con il massimo impegno”.