Ospedale da campo, la Tesei tira dritto ma Fora non cambia idea:”Investimento sbagliato”.
L’Ospedale da campo si farà, parola della governatrice Tesei. Non intende fermarsi anzi fa due passi avanti: entro il 30 giugno sarà collaudato. Ma Andrea Fora non abbassa la coda e ribadisce che quei tre milioni di euro – donati dalla Banca d’Italia – sarebbero stati molto più utili agli ospedali esistenti. Il capogruppo dei Civici in Consiglio Regionale ribadisce che si tratta di un investimento sbagliato, di soldi male investiti e preferirebbe impegnarli magari per gli ospedali della rete dell’emergenza. Per la Tesei però non è così, l’ospedale da campo sarà ” utile anche in futuro, lo hanno detto anche medici militari”. Si tratta di una struttura che può essere montata in poche ore, dotata di una sala di terapia intensiva fino ad un massimo di 25 posti che diventano 30 per una degenza meno complicata. Probabilmente la Tesei teme altre sciagure nel prossimo futuro: ” Da più parti del mondo scientifico si parla di possibile ritorno pandemico ad ottobre “. Per la governatrice l’ospedale da campo va visto ” non solo come una risposta all’emergenza,ma a garantire in una ottica prospettica un’efficace azione di prevenzione”. Un passaggio questo che , onestamente , si fa fatica a comprendere. In una Regione di poco più di 800 mila abitanti , con almeno 10 ospedali in funzione e numerosi centri di salute sul territorio, si può davvero avere bisogno di un’ospedale da campo da 3 milioni di euro ? Addirittura per svolgere una azione di prevenzione ? Forse la governatrice prevede nuove emergenze nel prossimo futuro, con le implicazioni che ciò comporta, ancora sconosciute ai comuni mortali che giustificano addirittura una scelta quasi militare. Sarà il tempo a dire se la scelta era veramente così indispensabile. Per adesso possiamo semplicemente dire che, in altre regioni italiane, con i soldi donati dalla Banca d’Italia – gli stessi destinati all’ Umbria – si sono realizzati: un ulteriore reparto di terapia intensiva all’ Ospedale Spallanzani; l’acquisto di sistemi di diagnostica per analisi microbiologiche al Policlinico Gemelli di Roma; l’ allestimento di un reparto di terapia nel Covid Center dell’Ospedale di Schiavonia a Padova e la realizzazione di un progetto di ricerca epidemiologica; l’Istituto superiore di sanità ha deciso di realizzare un laboratorio volto ad ampliare la capacità di rapida diagnostica e valutazione delle analisi condotte dalle strutture sul territorio. L’elenco potrebbe continuare ma bastano le scelte fatte da altre regioni, a cominciare dal Veneto, per sollevare più di un dubbio su ciò che ha deciso l’Umbria. Tre milioni di euro non sono pochi, per una piccola Regione come l’Umbria sono davvero tanti.