Vittime Covid, una domenica da incubo: 10 nuovi decessi. Se ne va una generazione.

Ogni giorno è una battaglia con la ricettività del sistema ospedaliero ormai prossima al raggiungimento della soglia di guardia. Il virus in Umbria corre, contagia e fa vittime. Il tasso di positività di ieri è stato del 16,15%: su 100 tamponi i positivi sono più di 16 ; sabato è stato del 14,23%. E’ la dimostrazione che qualcosa sta andando storto. Ma quello che è più straziante è il numero delle vittime, storie drammatiche  di chi ha perso un genitore o un amico con il Covid. Storie di tanti nonni che anche in Umbria sono volati in cielo, una serie di drammatiche testimonianze che fanno accapponare la pelle e fanno sgorgare lacrime che trapassano i cuori. Il dolore dei parenti , di chi se ne va mentre è in un reparto di un ospedale dove non si può entrare. Ti dicono che si è aggravato, poi arriva la drammatica telefonata: ha finito di vivere…soffocato, da solo. In tempo di Covid si muore in solitudine senza l’ultimo saluto e nemmeno la mano di un figlio, una moglie, un fratello da stringere. E poi tante domande che non trovano risposta: Avrà avuto paura ? Avrà sofferto ? Si sarà sentito abbandonato ? Chiedersi tutto ciò cento, mille, un milione di volte è inevitabile, struggente e tristissimo. Non importa che abbia o meno superato gli ottanta. Ieri , in una bella domenica di sole ,altri 10 decessi in Umbria: sono donne e uomini di Cascia, Foligno, Giano dell’Umbria, Orvieto, Perugia, Spoleto, Terni (3) e Torgiano. Siamo arrivati a 188 vittime, tante, troppe per una comunità piccola come quella umbra. Il decesso di un anziano porta via con sé molto più della dimensione affettiva e sentimentale. Muore una generazione e con essa un patrimonio enorme di esperienza . Quanto sarebbe stato bello per i figli e i nipoti delle 188 vittime umbre dare l’ultimo bacio sulla fronte del proprio genitore o dei nonni. Ognuno avrebbe voluto riversare in quel bacio o in una carezza tutto quell’amore infinito che aveva avuto sin da bambino.  Una carezza che avrebbe ripercorso i ricordi più belli dell’infanzia, intrisa di amore complice tra nonni e nipoti. Un destino crudele, al quale si aggiunge quel glaciale numero del bollettino di guerra quotidiano che sovrasta ciascuna delle singole storie di vita di centinaia di vittime.  Questo enorme patrimonio di storie rischia oggi di scomparire, perché la pandemia è arrivata per una seconda volta e sta spazzando via tutto e tutti, impedendo ai nostri anziani di completare di scrivere il racconto della loro vita, e ai giovani di ascoltare l’ultima storia. Se ne sono andati in silenzio, come è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro e sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra. Se ne vanno mani che hanno spostato macerie, impastato cemento, piegato ferro, in canottiera e cappello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat 500 o 600, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringa la mano, senza neanche un ultimo bacio.  Se ne vanno i nonni, patrimonio dell’intera umanità.