Aur, da gennaio a casa nove ricercatori. I sindacati: “Ecco la riforma della Regione”
PERUGIA – Da gennaio restano a casa nove ricercatori precari dell’Aur. “Abbiamo finalmente capito come la Regione ha intenzione di riformare gli enti regionali di ricerca: eliminando la ricerca, svolta in gran parte da personale precario”, ironizzano Cgil, Cisl e Uil.
“Dal 1 gennaio 2018, i 9 ricercatori precari dell’Agenzia Umbria Ricerche non avranno il contratto rinnovato e ciò penalizzerà i numerosi utenti che anche in questi giorni si stanno rivolgendo ai ricercatori precari per i servizi di orientamento e informazione erogati nell’ambito dei progetti gestiti da Aur e finanziati con fondi europei. È quanto si apprende al termine del tavolo di trattativa con la regione Umbria avvenuto il 19/12/2017. Tutti i nove ricercatori precari dell’Aur (l’agenzia per la ricerca socio-economica e territoriale della Regione Umbria) dal 1 gennaio 2018 resteranno a casa, e con loro se ne andranno progetti, ricerche, indagini che in questi ultimi anni hanno caratterizzato l’operato dell’Agenzia, rendendola famosa e conosciuta nel panorama nazionale ed europeo”.
“Questo nonostante la legge Madia preveda la possibilità di stabilizzare i precari “storici” della PA (nel caso di Aur si tratta di ricercatori con una decina d’anni di precariato alle spalle), e di garantire a tal fine la proroga dei loro contratti in essere. Per mesi e mesi i precari hanno chiesto alla Regione di trovare soluzioni (come fatto in altri istituti di ricerca regionali), allarmati anche dalle repentine dimissioni del commissario straordinario dell’agenzia (direttore dal 2007 al 2015), a un mese dalla scadenza dei contratti.
Dopo quasi tre anni di commissariamento dell’agenzia, tuttavia, la famosa legge di riforma degli enti regionali di ricerca non vede ancora la luce, e questo impedisce sia il rinnovo dei contratti precari sia l’avvio di qualsiasi procedura di stabilizzazione”.
“Dati questi presupposti la strada intrapresa dalla Giunta regionale appare essere sempre più indirizzata verso il taglio indiscriminato delle risorse per ricerca ed innovazione, andando a mortificare il già povero e sotto potenziato sistema regionale. Vorremmo sapere dalla Presidente Marini se, in una Regione che fa del lavoro qualificato e della ricerca motivo di vanto, razionalizzare gli enti di ricerca possa significare l’avvio di una nuova fase per ammodernare o demolire definitivamente il sistema regionale dell’innovazione. Dal 1 gennaio la risposta sarà chiara a tutti”.