“L’ombra della vendita di Tk-Ast si riaffaccia in città”

TERNI – Alcuni fantasmi tornano in città, altri invece non sono mai andati via. L’ombra più grande è quella che di punto in bianco si riaffaccia in viale Brin. Tk-Ast vuole vendere il sito ternano? Per i sindacati i dubbi son sempre meno, a volte diventano quasi certezze.

Sono troppe le carte che vengono scoperte e piazzate sul tavolo da gioco, senza tener conto del confronto con i sindacati, che a volte manca, oppure non c’è proprio. Ultimo caso specifico, quello riguardante la chiusura del sito Terninox di Fabriano. 12 lavoratori licenziati, in sciopero da lunedì, senza più un lavoro dall’oggi al domani.

Il sito chiude, ed è inevitabile pensare ai risvolti che questa chiusura avrà per Terni, ma anche per l’altro centro Terninox di Milano. In conferenza stampa Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl analizzano l’andamento del settore metalmeccanico nella provincia.

“Abbiamo la necessità di fare il punto sulla situazione territoriale della siderurgia – dichiara Nicola Pasini della Uilm. Abbiamo chiesto un incontro a Confindustria circa un mese fa per conoscere gli indicatori e i dati sotto questo aspetto. Alla luce anche degli strumenti che stanno per essere messi in campo nella nostra città – area di crisi complessa, e industria 4.0 – dobbiamo attrezzarci e presentare progetti innovativi. Come ha ribadito il ministro Calenda “I soldi ci sono, servono progetti”.

Sulla carte ci sono milioni di euro come ci sono anche buone condizioni per gettare le basi su cui lavorare. Il tempo però corre, e i treni passano.

“E’ necessario – dichiara Riccardo Marcelli dell Fim Cisl – passare dalla fase dell’elaborazione del pensiero a quella dei fatti. Domani rischia di essere già troppo tardi. Il comprensorio si trova in una fase di passaggio che produrrà un diverso assetto delle regole istituzionali e degli equilibri economici e sociali. A fronte di questo per il sindacato e per il ruolo che esso dovrà continuare a svolgere, si pone il problema di riflettere su quanto sta accadendo per determinare le condizioni affinché il valore del lavoro ed il ruolo dei lavoratori nella società vengano rafforzati”.

Anche sul versante ambiente e sicurezza i sindacati tirano in ballo il protocollo, in scadenza ad aprile. “Vogliamo – sostiene Claudio Cipollla della Fiom Cgil – che il protocollo sia ulteriormente migliorato, fermo restando che stiamo chiedendo con forza l’interesse e l’impegno delle associazioni datoriali ternane, da troppo tempo estranee ad ogni tipo di iniziativa. Proponiamo anche l’aggiornamento e l’elaborazione del Mesop 2.0 (medicina sociale preventiva) che preveda misure adeguate per la salvaguardia della salute dei lavoratori e il coordinamento delle iniziative degli enti pubblici e dei soggetti competenti”.

Serve quindi uno scatto di orgoglio e un protagonismo differente.

“A fronte dei buoni risultati raggiunti per la questione Ast, rimangono e premono altre criticità oggettive – continua Cipolla. E’ indispensabile il confronto con l’azienda per meglio contribuire insieme agli operai impiegati e quadri al mantenimento e alla crescita dell’azienda stessa. Gli interrogativi permangono invece per  Titania, Aspasiel, sulle professionalità e sugli assetti organizzativi interni, ai quali bisogna iniziare a metter mano”.

Sul tema della sicurezza si sta già lavorando al rinnovo del protocollo. “Ast – dichiara il segretario Fismic Terni Giovacchino Olimpierisi è resa disponibile a integrarlo e modificarlo. Serve però un maggiore impegno e coinvolgimento delle associazioni datoriali, Confindustrua, Confartigianato, Confapi”.

Daniele Francescangeli, segretario Ugl metalmeccanici, torna con forza sull’ultima vicenda di Terninox. “La chiusura del sito di Fabriano mette per forza in discussione anche il futuro del centro di Milano”. Interrogativi anche sul problema scorie e consulenze. “Tanti bei progetti sulla carta che ancora non sono stati realizzati sul fronte scorie. Sulla distribuzione dei benefit ci sembra, iniziando dalle consulenze, che ci sia una sorta di roccaforte aziendale che a nostro avviso sta mettendo in crisi i costi del lavoro creando divari su chi fa una “cosa” , e chi fa più “cose”.

 

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