L’Umbria e la diffusa pratica della raccomandazione
PERUGIA – Il Cuore d’Italia è ancora terra di raccomandati. È quanto emerge da un’indagine condotta dall’Istat secondo cui in Umbria la pratica dell’intermediazione, diversamente chiamata raccomandazione, è molto diffusa. E come viene usata? Sostanzialmente per cercare di risolvere due situazioni: da un lato per ricercare un posto di lavoro e dall’altro per ottenere agevolazioni per una serie di servizi tra cui quello di evitare di pagare multe. E questa pratica porta la regione ad occupare la quinta posizione a livello nazionale. Nel Bel Paese è stato riscontrato che circa il 60 per cento degli attuali occupati ha richiesto un “aiutino” a familiari o amici, a fronte di un 33 per cento che ha trovato l’attuale posto di lavoro grazie a tale sistema. In Italia il primato di questo malcostume spetta alla Puglia con un 34,3 per cento, seguita da Basilicata con 31,8, Sardegna con 30,5, Lazio con un 29,9, Umbria 26,3 per cento e Abruzzo con 25,7 per cento. E sempre in Umbria, oltre al lavoro, l’11 per cento ha ottenuto un permesso o una concessione grazie a una “spintarella”. E la lista non finisce qui. Il 7,5 per cento ha ottenuto una raccomandazione per superare un esame universitario, il 7 per cento un beneficio assistenziale, e un 8 per cento per farsi cancellare multe. Nel complesso tale cattiva abitudine è maggiormente propagata nel centro Italia (11,3 per cento) seguita dal nordest (10,8 per cento). E un ultimo dato conferma e rafforza questa cattiva abitudine umbra, vale a dire che l’11,3 per cento della popolazione ha ricevuto una richiesta di raccomandare il “fortunato” di turno. Ma c’è puro un altro lato della bilancia, secondo cui sul fronte della corruzione l’Umbria si colloca tra gli ultimi posti in Italia. Si parla di un 2,7 per cento di coloro che hanno assistito a uno scambio di denaro sul posto di lavoro. Insomma, raccomandati sì, ma corrotti no.