La Marini in consiglio regionale: “Sono indipendente. Da verificare se ci sono le condizioni per andare avanti”
PERUGIA – E’ iniziato alle 11 il consiglio regionale che affronta la difficile questione della crisi che ormai coinvolge l’intera maggioranza. Dopo le introduzioni della presidente Porzi, la Governatrice Catiuscia Marini sta riferendo le ragioni – le sue ragioni – che hanno portato alla rottura con una buona parte del gruppo del Pd.
“Opportuno rendere conto agli umbri – ha iniziato i suoi 33 minuti di intervento la Marini – di un percorso inserito nella legge regionale. Ad oggi l’unica norma di carattere nazionale è quella del decreto legislativo 502 che fissa i requisiti di accesso alla funzione di direttore. La riforma Madia innova e recepisce i contenuti in gran parte previsti nella legge regionale umbra. Aiuteranno a rendere più espliciti i punti della legge umbra. Serve trasparenza nel procedimento e nella procedura politica.
Come è noto – ha continuato – l’Umbria non procede applicando solo i requisiti procedurali del dl per l’accesso alla funzione”. Ha iniziato quindi entrare nel merito delle vicende, ripercorrendo gli ultimi giorni: “L’Umbria prevede l’obbligo di un elenco di candidati idonei, che avviene con procedura di evidenza pubblica. La procedura è stata aperta il 27 luglio 2015 con una delibera della giunta regionale. Questi atti sono pubblici e scaricabili dai siti istituzionali. La legge prevede una commissione tecnica per la valutazione delle domande. Il 29 ottobre e’ stata costituita la commissione. Il 10 dicembre i lavori sono conclusi. La giunta il 21 dicembre ha preso atto dei lavori della commissione. La delibera contiene l’elenco dei candidati. Da quella data tutta la giunta possiede i dati riguardanti l’idoneità dei candidati.
Abbiamo provveduto all’approfondimento dei profili. 19 candidati non sono candidati li, 15 vengono da altre amministrazioni non attinenti al servizio sanitario, 9 da aziende private. Solo 18 su 108 erano i candidati idonei perché avevano già ricoperto la funzione di direttore. Il requisito del merito, anche in un principio di rotazione come dice la legge Madia, va valorizzato. Il ruolo di direttore sanitario è un ruolo complesso, deve aver gestito capacità amministrativa. La più piccola delle nostre aziende amministra un minimo di 450 milioni di euro. Vanno tenuti in considerazione i risultati conseguiti. Va tenuta in considerazione l’autorevolezza rispetto al sistema sanitario che conta 11mila profili. Rispetto ai requisiti adottati, non abbiamo registrato reazioni del mondo del sistema sanitario. L’università ha provveduto a dare l’intesa sulle nomine di sua competenza. Gli unici che avevano l’esperienza da direttori generali erano solo due. Sapere che a capo di chi decide la sanità c’è chi ha capacità garantisce anche gli umbri. Coerenza tra curriculum e nomine e un peso dei risultati conseguiti”.
Quindi il punto politico: “Mi dispiace che l’assessore Barberini non abbiamo condiviso con noi l’ultimo miglio. Sono orgogliosa che come Umbria i direttori della regione possano rappresentare una parte alta del sistema sanitario regionale e nazionale. La politica non si è incrinata nei punti programmatici. Per svolgere bene il suo ruolo, la politica deve recuperare la parte programmatica e procedurale. Dovremo definire il piano sanitario e il piano sociale. Le riforme nazionali ci spingeranno nell’efficientamento. Per fare questo percorso dobbiamo esercitare la nostra funzione. I direttori non potranno essere un ostacolo al processo di riforma per le loro competenze. Possono offrire alla politica standard e spunti di riforma: come contribuire all’accesso ai servizi sanitari. Su questi punti la politica deve recuperare il suo spazio ma io ho agito con merito e responsabilità e secondo autonomia e indipendenza, tutti presupposti di chi esercita ruolo di governo”.
“C’è stata una frattura molto importante – ha detto – ma a questa frattura solo la politica può riparare. Se il terremo è quello proposto con una accelerazione di riforme, coerente con l’azione di governo imposto ogni giorno. Ci sono anche delle priorità: snellire la pubblica amministrazione, come l’impresa manifatturiera torna ad essere il cuore della ricerca e della ripresa. L’innovazione non si fa solo nelle aule di palazzo Donini ma l’Umbria ha attori e per protagonisti che investono nel cambiamento.
Dobbiamo affrontare anche una sfida: aprire la fase di un nuovo regionalismo, oltre le regioni attuali e anche un assetto istituzionale. Su questi temi, dobbiamo gettare una agenda di governo molto forte. Sono esponente di un partito che deve guidare il cambiamento. La sfida riformatrice va guidata con lo studio e l’approfondimento, non con le parole. Servono nuovi patti e studio, si deve andare oltre Facebook. Nel riformismo non c’è chi si proclama innovatore. Occorre una elaborazione di una proposta politica. Serve il contributo della maggioranza che deve lavorare e può lavorare su questo terreno. Questa non è l’arena dove inizia e finisce tutto. Il processo riformatore può avere successo se si esce dall’acquario. Fuori di qui sono le vere sfide. Sul piano del lavoro e dell’ambiente, nel dinamismo economico e produttivo e dalle risorse che vengono dal mondo esterno. Sfide anche dal mondo della cultura e delle competenze. La misurazione del lavoro della giunta e del consiglio è dato anche dalla velocità e dalle condivisioni”. La conclusione citando Weber: “per fare politica servono tre cose: passione, senso di responsabilità e lungimiranza e non servono una delle tre. La passione senza responsabilità motiva ma non produce risultati. Senza lungimiranza siamo con una azione fine a se stessa. Il senso di responsabilità da solo è tecnicismo e tecnocrazia. Solo lungimiranza si costruiscono visioni velleitarie che non cambiano il mondo. L’impegno è tenere insieme tutti e tre gli elementi”. Quindi la conclusione, aperta a tutte le conclusioni: “Ascolterò il dibattito per altre decisioni che comunicherò alla fine. Non sono mai stata per la politica politicante e questa è la risposta a chi mi chiede di stare chiusa in questo acquario. Se la rotta non sarà più l’azione e il programma, non ci sono più le ragioni per far andare avanti questo cammino. Auspicando il rientro di Barberini”.
Lavori d’aula sospesi poi per consentire la valutazione di alcune mozioni presentate. In una precedente sospensione la capigruppo aveva valutato la richiesta di intervenire sulle comunicazioni della presidente di Luca Barberini, derogando il regolamento che prevede un solo intervento a gruppo. Regole che hanno avuto la meglio sulla ragionevolezza e che avrebbero dovuto consentire un dibattito ampio e approfondito.
Ieri comunque riunione interlocutoria quella del gruppo Pd a Palazzo Cesaroni, segnata dalle assenze della presidente Catiuscia Marini e dell’assessore regionale Fernanda Cecchini, custode dei Rapporti con l’Assemblea legislativa dopo le dimissioni di Barberini. Anche ieri nessun passo avanti, ma neanche passi indietro. Ribadita da Barberini e i suoi l’esigenza di un cambio di passo nell’attuazione del programma, da più parti richiesta. Accelerazione che punti a dare tutte le risposte necessarie ai cittadini. In questa maggiore velocità dovrà trovare posto un rinnovato lavoro di squadra che possa rendere le decisioni prese inclusive e quindi più incisive.
Il clima però resta pieno di incertezze, con i toni che si si sono fatti più concilianti. La volontà è quella di alleggerimento delle tensioni e di arrivare prima possibile all’uscita della crisi.