Servizi pubblici locali, Cgil: “Eccessiva frammentazione dell’offerta e situazione debitoria critica”
Una eccessiva frammentazione dell’offerta, una situazione debitoria “piuttosto critica” e alcuni nodi specifici in particolare rispetto alla rete idrica e al costo dello smaltimento dei rifiuti: sono questi gli aspetti salienti per l’Umbria che emergono dallo studio sui servizi pubblici locali, curato dall’Ires Cgil di 5 regioni: Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Marche e Umbria e presentato oggi a Perugia, nel corso di una conferenza stampa tenuta dal segretario generale della Cgil dell’Umbria, Vincenzo Sgalla, insieme al segretario regionale Vasco Cajarelli e al presidente dell’Ires Umbria, Mario Bravi.
Uno studio che prende in considerazione tutti i gestori delle cinque regioni che erogano i seguenti servizi: Servizio Idrico Integrato (SII), Igiene Urbana (IU), Trasporto Pubblico Locale (TPL), Distribuzione Gas Naturale. Per l’Umbria emerge una situazione in chiaroscuro, fatta di punti di forza (per esempio l’azienda unica dei trasporti) e debolezze. Un quadro per certi sovrapponibile a quella delle altre regioni, ma con alcune criticità specifiche che, ha affermato Vincenzo Sgalla, “indicano chiaramente la necessità di affrontare i problemi esistenti, anche in vista delle riforme nazionali che sono in preparazione, in particolare la cosiddetta riforma Madia sulle partecipate, per evitare che ci piova in testa un altro disastro come quello sulle Province che stiamo ancora cercando di arginare”. Considerando anche il fatto – è stato sottolineato – che i lavoratori dei Servizi pubblici essenziali non hanno né le tutele del pubblico, né quelle del privato (ammortizzatori sociali).
Tra l’altro, lo studio evidenzia che tutti i settori presi in esame nelle 5 regioni sono economicamente sostenibili, anzi, hanno prodotto utili più di altri comparti (fatta eccezione per il TPL, che evidenzia una grave e perdurante situazione di crisi) e non hanno perso occupazione negli ultimi anni di crisi, fatto che “può consentire di trasformare i problemi in opportunità, evitando la sbornia delle privatizzazioni – ha osservato Vasco Cajarelli – in aree di servizi strategici per la tenuta del welfare regionale”.
Entrando nello specifico dello studio Mario Bravi ha sottolineato prima di tutto la necessità di “rafforzare i processi di aggregazione”, che in Umbria (dove esiste una sola multiutility, la Vus) hanno raggiunto risultati tangibili solo nel Tpl, che però, come detto, è anche il settore maggiormente in crisi. Per gli altri tre comparti (rifiuti, acqua e gas) invece l’Umbria risulta essere, insieme alle Marche, la regione con il più basso rapporto di abitanti per gestore, ad indicare appunto un’alta frammentazione del servizio, fatto che potrebbe spiegare anche – ha sottolineato Bravi – il dato molto elevato sul rapporto tra debiti e patrimonio netto delle aziende (il più alto tra le 5 regioni esaminate nello studio).
Altro “primato” negativo dell’Umbria è quello sulle perdite della rete idrica, con un dato che si attesta intorno al 40% (il più alto tra le regioni prese in esame) e stabile nel tempo. Mentre al contrario è buono il dato sugli abitanti allacciati agli impianti di depurazione (circa il 90%, solo l’Emilia Romagna fa meglio) e sulle procedure di infrazione Ue sulla depurazione (l’Umbria ha il dato più basso).
Per quanto riguarda invece il ciclo dei rifiuti sono due gli aspetti negativi evidenziati per l’Umbria dalla ricerca dell’Ires Cgil. Il primo è sui livelli di raccolta differenziata, che vedono la regione indietro rispetto a tutte le altre prese in esame, eccetto la Toscana. Mentre il secondo, strettamente collegato al primo, è relativo ai costi del servizio che vedono l’Umbria al secondo posto, ancora dopo la Toscana, per la spesa media annua (293 euro) nei comuni capoluogo. Ma se si concentra l’attenzione su Perugia, allora il dato è ancora più eclatante: il capoluogo regionale, con una spesa media di 343 euro (calcolata su un’utenza domestica di 100 mq con 3 componenti il nucleo familiare) è il più caro tra quelli delle regioni prese in esame e “se la gioca” con le grandi capitali europee.
“Abbiamo realizzato questo studio con un obiettivo preciso – ha concluso Vincenzo Sgalla – quello di non farci trovare impreparati di fronte a riforme e provvedimenti che arrivano dall’alto e rischiano di avere ricadute pesanti sulla vita non solo dei lavoratori direttamente interessati (sono circa 5000 in Umbria nei 4 settori presi in esame, ndr) ma anche di tutti i cittadini. Insomma, non vogliamo essere costretti a giocare in difesa e per questo, insieme a Cisl e Uil, presenteremo a settembre una nostra piattaforma che riguarderà naturalmente anche questi settori strategici per il futuro dell’Umbria”.