Sisma ’97, parla l’ex sindaco di Foligno: “La ricostruzione ha funzionato ma non è finita. Oggi troppa incertezza”
Maurizio Salari è stato sindaco di Foligno durante il terremoto del 1997, che colpì Umbria e Marche. Fu lui, noto avvocato folignate oggi presidente della Valle Umbra Servizi, a guidare la fase della gestione dell’emergenza e dell’avvio della ricostruzione post sisma, nella città umbra più segnata dal terremoto. Tutti lo ricordano per la sua presenza forte e autorevole alla guida della città, ma anche per quelle lacrime, tanto umane, finite in mondovisione, davanti al crollo del torrino del palazzo comunale che per giorni aveva retto a una serie di scosse fortissime, iniziate il 26 settembre del ’97. Oggi a vent’anni di distanza, traccia un bilancio di quell’esperienza, guardando al presente ma anche al futuro e dice la sua sulla gestione dell’emergenza sisma.
Che ricordi ha di quei giorni?
“Con il passare degli anni i ricordi diventano più belli, con sensazioni che nell’immediato non si riescono a percepire e che ora tornano alla mente. Sono ricordi che legati ai problemi risolti, alle risposte date alle persone, in gran parte in maniera soddisfacente, grazie a una vera e propria condivisione delle difficoltà e delle soluzioni. Cosa che ha consentito di gestire in modo rapido ed efficace la fase emergenziale, in tempi molto più veloci rispetto ad altre parti. La condivisione ha consentito di individuare in una notte le 53 aree container, senza contestazioni o problemi e questo non era scontato. Tutti si rendevano conto delle difficoltà, ma anche delle riposte che l’Amministrazione di allora ha subito dato, ad esempio con la soluzione delle roulotte. Questo ha fatto sì che in un mese abbiamo allestito, a Colfiorito, il più grande campo container della montagna folignate. Un’opera titanica, uno sforzo enorme che è servito molto alla coesione e alla ripresa anche morale della comunità”.
Qual è stato il momento più difficile?
“Sono stati diversi i momenti difficili, tutti legati a situazioni in cui non siamo riusciti a risolvere subito i problemi delle persone. Momenti in cui magari avevamo definito un percorso, trovato una soluzione che poi non risultava praticabile in tempi brevi”.
E quello più bello, se si così possiamo dire?
Sono stati molti e si sono verificati quando gli sforzi fatti, le notti insonni, le ore passate lavorare, a parlare, a decidere hanno prodotto risultati concreti, dando risposte vere alla gente e alla comunità”.
Secondo lei, è davvero finita la ricostruzione post sisma ’97?
“Questa domanda fa parte dei momenti brutti. Non credo sia finita, lo vedo in giro per Foligno dove ancora ci sono cavi volanti legati alla ricostruzione post sisma ’97. Non è finita perché pensavo che la montagna folignate diventasse una sorta di ‘giardino’ di grande valore, con borghi riqualificati e attrattivi, come ad esempio Rasiglia. Ma così non sempre è stato così, basta guardare Colfiorito, la frazione montana più grande, dove ancora c’è molto da fare. Manca ancora la fase dello sviluppo”.
Che cosa ha funzionato e cosa no?
“Ha funzionato bene la fase dell’emergenza, ho invece del rammarico per i tempi dilatati della ricostruzione, seppure è stata di qualità. E poi, l’ho già detto, manca ancora la fase dello sviluppo. Una fase che avrebbe dovuto seguire la grande progettualità espressa con la ricostruzione, che però è rimasta in gran parte incompiuta sul fronte della funzionalità. Penso ai musei della città e ai tanti spazi recuperati, ma non adeguatamente valorizzati. Penso all’aeroporto, alla piastra logistica. Oggi ci attacchiamo alla nuova statale 77, ma questa ci porta solo al mare perché sembrano mancare progetti capaci di valorizzare e rendere attrattivo ciò che abbiamo”.
Che differenza c’è tra il sisma del ‘97 e quello del 2016, anche in termini di gestione dell’emergenza?
“Sono cambiati i meccanismi di intervento. Quello del ’97 è stato il primo grande sisma in cui la Protezione civile si affermata come elemento fondamentale per la gestione delle emergenze, guidata da persone di grande preparazione e spessore come Franco Barberi. Oggi, vent’anni dopo,le capacità organizzative dovrebbero essere più avanzate, ma ho l’impressione che nella fase emergenziale non ci sia stata la stessa capacità di risposta. Mi è sembrato tutto un po’ confuso, tipo armiamoci e partiamo”.
Che cosa avrebbe fatto lei per gestire al meglio la fase post terremoto che ha colpito l’Umbria? E che consiglio darebbe agli amministratori di oggi?
“Credo che sia assolutamente indispensabile dare certezze a chi è rimasto colpito dal sisma. Non è sufficiente la presenza e la vicinanza delle istituzioni, servono risposte vere, veloci e risultati certi, perché altrimenti le persone perdono la fiducia necessaria per ricominciare, anche se poi i risultati dovessero arrivare ed essere positivi. Forse, stavolta, qualcosa si è inceppato e la sensazione è che ci sia grande incertezza”.