Valnestore, il caso in Parlamento. Galgano: “Rischio per la salute dei cittadini”
TRASIMENO – La Valnestore e la Terra dei Fuochi tornano all’attenzione del Parlamento con un’interrogazione della parlamentare umbra Adriana Galgano, rappresentante di Scelta Civica. La Galgano chiede lumi al ministro della Salute Beatrice Lorenzin sulle “connessioni tra il danno ambientale rilevato e le ripercussioni sulla salute dei cittadini. In particolare ho chiesto che vengano effettuate analisi approfondite per rilevare il grado di tossicità delle falde acquifere per il temuto collegamento con l’incidenza dei tumori nella zona, provvedendo a circoscrivere le aree particolarmente toccate dal fenomeno inquinante ed evitare che i residenti continuino a coltivare terreni al di sotto dei quali si celano gravi pericoli per la salute umana”.
“Ho anche sollecitato l’Esecutivo affinché si proceda tempestivamente – spiega ancora – ad effettuare analisi approfondite per circoscrivere i confini di questo grave danno ambientale e, quindi, si provveda alla messa in sicurezza e alla bonifica dei siti danneggiati. Inoltre, ho chiesto di introdurre procedure di controllo e vigilanza sul ciclo del recupero e dello smaltimento dei rifiuti per evitare che si ripetano episodi gravissimi come questo colmando così un vuoto normativo che si è perpetuato per troppi anni”. “L’Umbria, il cuore verde d’Italia – scrive la Galgano nel documento – dopo trent’anni di loschi silenzi, scopre all’improvviso di avere la sua «terra dei fuochi»”. Ma a preoccupare la Galgano è che “la terra dei fuochi dell’Umbria non è in un’area circoscritta intorno ad un’unica zona ma è diffusa sul territorio che risulta, così, profondamente sfigurato”. La Galgano ricostruisce che esistono 108 punti dei terreni nelle vicinanze delle discariche dove è stata accertata la presenza di sostanze altamente inquinanti come fanghi di scarti industriali e trielina e quattro milioni di metri cubi di ceneri sotterrate negli anni”.
Una situazione “grave che, nel corso degli ultimi cinquant’anni, sarebbe finita per danneggiare anche molte falde acquifere della regione: nell’area centrale si conta, infatti, per quanto non accessibile e non visibile dalla strada, ma ben conosciuto dagli abitanti della zona, un «lago nero», dalle acque di color antracite e privo di fauna ittica;
questo è quanto emerge dalla commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti che, poco tempo fa, ha fatto tappa nella regione, prima a Terni, poi a Perugia e Orvieto, per fare il punto sulle indagini scattate sulla gestione dei rifiuti in Umbria”. La Galgano parla poi di una gestione “sulla quale potrebbe aver allungato le mani una criminalità di stampo mafioso. Un aspetto non trascurabile è poi quello relativo all’aumento di tumori e altre gravi patologie registratosi negli ultimi anni nella regione Umbria, altamente imputabile alla presenza di tali sostanze tossiche sul territorio: nella mappa interattiva del Registro tumori umbro di popolazione (Rtup), nel periodo compreso tra il 2004 e il 2011, il territorio compreso tra le frazioni di Pietrafitta e Tavernelle (Panicale) e il capoluogo di Piegaro, per i nuovi casi di tumore, si tinge di rosso”. Da non sottovalutare poi il rischio tumori.
Il documento della Galgano ricorda una mail inviata nel 2015 al sindaco di Piegaro, Roberto Ferricelli, nella quale era scritto “Pietrafitta è un paese di 800 persone ed ogni anno abbiamo tra uno e due casi di insorgenza tumore. (…) Ricordiamo tutti le pagine inquietanti della vallata che parlano di emissioni o di gestione di rifiuti con operazioni che hanno modificato anche la morfologia del territorio. Perché non chiediamo e promuoviamo un’indagine ? Se poi scopriremo che i dati della vallata sono in linea con la media nazionale staremmo tutti più tranquilli. Se scopriamo che così non è, invece, chiediamo un’indagine sulle possibili fonti nocive»; l’indagine è stata fatta, tutto il territorio è sotto inchiesta e coperto da segreto istruttorio, ma trapela un primo allarmante risultato: è stata rilevata una quantità di arsenico di 19,8 microgrammi per litro quando il limite consentito è, invece, pari a 10 ed ecco perché, dopo apposita segnalazione di Arpa e Usl, il comune di Panicale ha vergato l’ordinanza che fissa il divieto di uso potabile del pozzo degli impianti sportivi di Tavernelle, impianti che insistono su un deposito di ceneri da carbone provenienti dalla centrale di La Spezia che furono mischiate a quelle della lignite bruciata nella centrale-Enel di Pietrafitta; dell’ex centrale Enel di Pietrafitta, inoltre, non restano che ruderi e degrado: quando è stata dismessa è stata acquistata dalla Valnestore Sviluppo con l’idea di creare un polo di eccellenza sulle energie rinnovabili;
oggi, di quel progetto, non rimane più nulla: palazzine in crollo, edifici in degrado ed è ancora visibile l’area dove venivano stoccati i rifiuti speciali e pericolosi”.