Vertenza Sangemini, Paparelli e Bori (Pd): “L’emergenza non diventi alibi per la Regione”
SAN GEMINI – “La situazione di emergenza sanitaria attuale non può, in alcun caso, giustificare le scelte aziendali di Sangemini e Amerino che rischiano di portare l’azienda alla chiusura definitiva delle attività”. E’ quanto dichiarano i consiglieri regionali PD, Fabio Paparelli e Tommaso Bori, che in una nota congiunta chiedono inoltre alla Regione “d’intervenire in maniera decisa per risolvere la vertenza aziendale in virtù della titolarità delle concessioni per lo sfruttamento delle stesse acque minerali”. “La Giunta Regionale – ricordano i due consiglieri dem – sollecitata più volte e da più parti in questo senso, continua a manifestare la propria irresponsabile indifferenza cercando perlopiù di scaricare le responsabilità altrove”. “Giova ricordare che la disponibilità immediatamente accordata dal Governo è relativa alla crisi dell’intero gruppo Acque Minerali d’Italia sul piano nazionale. Per questo è necessario un ruolo attivo della Regione, per scongiurare il rischio concreto che lo stabilimento di Sangemini possa essere chiuso o ridimensionato, vanificando le speranze e i sacrifici compiuti in questi anni dai lavoratori”. “Già a febbraio – ricordano Paparelli e Bori – vista la gravità della situazione, avevamo manifestato preoccupazione per il futuro dei lavoratori delle due aziende e presentato, contestualmente, un’interrogazione urgente in cui si chiedeva di conoscere quali provvedimenti intendesse adottare la Regione Umbria a tutela dell’occupazione, oltre che per assicurare la strategicità dei siti produttivi di questi due marchi storici delle acque minerali umbre. Ad oggi non abbiamo avuto risposta, nonostante siano state ampiamente superata le scadenze previste dal regolamento e dallo statuto della Regione”.
“L’obiettivo – viene ribadito – era e rimane quello di stimolare gli organi politici e istituzionali regionali affinché richiamino la proprietà al rispetto degli accordi per il rilancio dell’azienda e la salvaguardia dell’occupazione, sottoscritti nel 2018 tra Regione e la Società Ami, pena la revoca delle concessioni stesse”. “A distanza di tre mesi possiamo dire che, a fronte dell’inerzia della Regione, i dipendenti degli stabilimenti di Sangemini e Amerino sono ancora più in difficoltà – sottolineano Paparelli e Bori- e tornano giustamente a chiedere certezze, e non certo provvedimenti come la cassa integrazione, che rischia ad aggravare ulteriormente anche loro condizione economica e sociale”. “Il settore dell’agroalimentare, in generale, e quello delle acque minerali, in particolare – ricordano i due consiglieri – non ha subito in questo periodo di emergenza una crisi di mercato, e quindi la cassa integrazione non è giustificata, tanto più, se si considera il fermo dell’acquisto di materie prime, con il pericolo conseguente della perdita definitiva di quote e fette di mercato”. “Sentiamo pertanto necessario condividere l’ennesimo grido d’allarme dei lavoratori – sottolineano – apprezzando lo sforzo che gli stessi stanno compiendo, manifestando la volontà di lavorare, nonostante le criticità del momento, nel rispetto delle normative vigenti, e dichiarandosi pronti a far fronte ad una eventuale auspicabile richiesta massiccia di ordini, nonostante il peso della cassa integrazione, che sta mettendo a dura prova il loro bilancio familiare”. “È preoccupante il fatto – continuano – che gli stessi rappresentanti sindacali lamentino un significativo e paradossale calo di volumi soprattutto sul canale della grande distribuzione organizzata del gruppo ed il fatto che l’azienda non stia provvedendo, da diverso tempo, all’acquisto di materie prime, al fine di poter far fronte alle forniture; ciò rappresenta un segnale emblematico su quale direzione si intenda percorrere”. “E’ giunto dunque drammaticamente il momento che le istituzioni regionali battano un colpo – sostengono i due consiglieri del Pd. E concludono: “Nonostante l’azienda ritenga che le trattative debbano avvenire sul piano nazionale, noi restiamo convinti che, invece, le questioni territoriali devono essere affrontate in Umbria e che la Giunta regionale deve intervenire subito per evitare il concreto rischio di chiusura delle attività. “In attesa di un tavolo regionale e nazionale – concludono Paparelli e Bori – si accolgano intanto le richieste dei lavoratori che chiedono legittimamente di ridurre le giornate mensili di cassa integrazione, portandole da 8 a 6, con anticipo della stessa indennità. Ciò a vantaggio anche della stessa azienda, affinché possa produrre e distribuire a pieno ritmo un bene primario come l’acqua, che proprio nel pieno di una crisi sanitaria ed economica come quella che stiamo vivendo, non va fermata ma assicurata”.