A Città della Pieve, riscoperto l’Ambulacro sotterraneo
CITTA’ DELLA PIEVE – Ancora una volta la terra pievese rivela tesori. Nei giorni scorsi si è riacceso l’interesse rispetto ad una “grotta singolare” come venne descritta da Fiorenzo Canuti nel volume “Nella patria del Perugino” del 1926. A quasi cento anni, da quel sopralluogo del sacerdote scrittore appassionato di beni culturali, a calarsi nella grotta è stata una spedizione composta dalle giovani archeologhe che ormai hanno conquistato il cuore dei pievesi grazie al loro impegno volontario sulla Tomba di Laris. A scendere 17 metri sotto terra con questo gruppo è stato anche il sindaco Fausto Scricciolo accompagnato da Giorgio Rubeca, il privato proprietario del terreno sotto il quale si estende l’ Ambulacro sotterraneo e che gentilmente si è reso disponibile alla visita. Ciò che vide il Canuti quasi 100 anni fa, presumibilmente in buono stato, ad oggi non si presenta nelle medesime condizioni descritte, il sopralluogo ha potuto rilevare dal punto di vista strutturale diversi livelli di conservazione. Il corridoio di accesso è ben mantenuto come le sue nicchie laterali, mentre l’ambiente “santuariale”, come fu definito, è parzialmente interrato per oltre un metro e rovinato.
Il lato destro presenta ancorala medesima conformazione descritta dal Monsignore, ossia tre piccole nicchie sovrapposte a tre nicchie più grandi interrate, una profonda nicchia anch’essa interrata e un pilastro in muratura con tre fori. Il lato sinistro, invece, è completamente distrutto fino allo strato naturale tanto da non permettere il riconoscimento di nessuno degli elementi presenti nella parete opposta, ad eccezione di una nicchia speculare a quella dell’altra parete. Dal rilievo degli anni ’30 l’ambiente aveva forma ellissoidale terminante con una cuspide, quest’ultima è ancora conservata sebbene molto erosa. Il Canuti, infine, aveva descritto come tutto l’ambiente fosse decorato da pitture e graffiti, elementi che lo hanno indotto a ritenerlo un santuario mariano. Di queste non restano che alcuni piccoli frammenti in rosso e azzurro ed alcuni graffiti probabilmente preparatori per la pittura definitiva. Lo stato di precarietà di queste decorazioni si evince anche dalle parole dello stesso Canuti, che le descriveva dipinte su un sottile strato di intonaco. Non c’è da stupirsi quindi per il loro deperimento dopo quasi 100 anni. A seguito di questo sopralluogo, l’idea delle giovani archeologhe è quella di fare un rilievo grafico di quanto visibile (planimetria e prospetti) e magari di effettuare lo svuotamento dell’interro che ormai ricopre l’ambiente fino quasi a colmarlo e cercare di comprendere le reali dimensioni dell’ambiente, eventuali elementi architettonici e pitture ancora presenti, poiché l’interro attuale è a grandi linee lo stesso visto dal Canuti come si evince dal disegno pubblicato nel suo libro.
Sull’Ambulacro dal libro del Canuti
L’ambulacro è in effetti una sorta di “mistero” che per lungo tempo ha solleticato l’interesse popolare sia per quanto riguarda le pitture un tempo presenti: “il disegno di una grande stella rossa, da cui partono, per ogni lato lungo le pareti della camera – scrive Canuti – , geniali e graziosi di pittura e graffito in formelle geometriche… entro cui sta sempre una stella ad otto punte, base di tutta l’ornamentazione di questa stranissima grotta… L’ingresso dipinto in azzurri con stelle d’oro, che davano all’ambiente l’aspetto di un cielo stellato”. E ancora “Anticamente si credette di dare una qualche importanza a queste grotte, considerandole come catacombe o edicole di antichi cristiani, e il Baglioni avanzò l’ipotesi di un nascondiglio di antichi eretici, forse della setta dei Fraticelli… Vi è chi affaccia l’ipotesi di una basilichetta a tipo greco, fatta dai primi monaci seguaci di S.Nilo… e chi pensa ad una cappelletta sotterranea, relativamente recente, appartenuta a qualche gruppo di devoti di campagna. Non manca ancora chi osserva che potrebbe essere una tomba con dromos a più celle come nell’ipoego etrusco di S. Galgano in Perugia. Fra queste altre ipotesi che si fanno – scrive ancora il Canuti – ci pare di preferenza dover accogliere quella, che ritiene essere stato questo vuoto inizialmente un ipogeo etrusco, scoperto nell’alto medio evo; ed allora spogliato di tutto e trasformato in cappella cristiana. Vi avrà forse preso dimora qualche buon eremita; ovvero sarà stato il ritrovo dei fedeli della campagna, come luogo più raccolto e adatto alla preghiera; o più probabilmente sarà stato il nascondiglio di quei cristiani che gemevano sotto il giogo dei tiranni nel Vi, VII e VIII sec., dove si celebravano i divini misteri, e si custodiva la SS Eucarestia”.