A Perugia iniziativa della consigliera di parità sulla violenza contro le donne
PERUGIA – “Inclusione, contro la violenza per la valorizzazione delle differenze, nel linguaggio, nei gesti, nella tutela, nella cultura. La responsabilità sociale dell’informazione. Il manifesto di Venezia”: è il tema la Consigliera regionale di parità, Monica Paparelli, in collaborazione con l’Ordine Giornalisti dell’Umbria, tratterà in un incontro che si terrà il 30 novembre, a partire dalle ore 9 a Palazzo Cesaroni a Perugia. All’iniziativa, organizzata per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, interverranno la consigliera Nazionale di Parità, Francesca Bagni Cipriani, per la scuola la Dirigente Simona Zoncheddu, per l’Ordine dei Giornalisti, Maria Pia Fanciulli, per la Regione Umbria, il dirigente per le politiche di genere Stefano Strona.
I relatori della giornata sono il procuratore generale della Repubblica in Umbria, Fausto Cardella, Silvia Garambois, presidente dell’associazione GIULIA (giornaliste unite libere autonome), Mimma Caligaris, presidente del Comitato pari opportunità della FNSI, Elisa Giomi, sociologa e docente dipartimento di Filosofia, comunicazione e spettacolo dell’università Roma Tre, Silvia Fornari, sociologa e docente del dipartimento di Filosofia, scienze sociali, umane e della formazione dell’Università di Perugia. Modererà l’incontro la giornalista de “Il Messaggero”, Vanna Ugolini.
Contemporaneamente all’incontro verrà svolto un laboratorio sul linguaggio di genere a cura della giornalista Sonia Montegiove e di Silvia Santilli, operatrice Capit-Centro antiviolenza di Rieti, a cui parteciperanno gli studenti del liceo linguistico e socio-pedagogico Pieralli, sull’ideazione di una campagna di comunicazione “L’uso corretto del manifesto: comunicare scegliendo le parole con cura. Come e perché?” contro la violenza e per la diffusione del Manifesto di Venezia.
Alla fine della mattinata saranno presentate le proposte elaborate dalle ragazze e dai ragazzi.
“Perché – afferma la consigliera Monica Paparelli – non vorremmo più leggere parole come amore, gelosia, raptus o ‘tempesta emotiva’ legate ad eventi come un femminicidio. Per farlo, lavoriamo con i ragazzi e le ragazze del Pieralli e i giornalisti e le giornaliste. Cambiare il modo di raccontare le notizie – aggiunge – significa tentare di modificare una cultura che colpevolizza ancora troppo spesso le vittime, una cultura intrisa di vecchi e nuovi stereotipi di genere”.
“Dopo aver coinvolto l’Ispettorato del Lavoro, i sindacati, gli Ordini degli avvocati, in qualità di Consigliera di parità regionale che si occupa di discriminazioni di genere – prosegue – parlerò di linguaggio, inclusione e parità con l’Ordine dei giornalisti da una parte e con i giovani studenti dall’altra, perché il contrasto alla violenza si persegue anche tra i banchi di scuola e attraverso iniziative e progetti spesso di contrasto ad azioni di hate speech dei media e dei social. E anche se esiste un decalogo di raccomandazioni della Federazione Internazionale dei giornalisti per l’informazione sulla violenza contro le donne che si basa su alcune buone prassi – tra cui l’utilizzo di un linguaggio esatto e libero da pregiudizi, il raccontare la vicenda per intero, difendendo la riservatezza delle donne e contestualizzando il delitto o la violenza nel proprio contesto, grazie anche all’uso di statistiche e informazioni sull’ambito sociale -, purtroppo sembra che in Italia tali raccomandazioni siano scarsamente applicate e seguite”.
Nell’ambito dei diritti umani la violenza contro le donne è la violazione più diffusa. Non conosce confini geografici, limiti di età, livelli sociali, differenze culturali e razziali. Le implicazioni si ripercuotono oltreché sull’uguaglianza di genere sull’inclusione sociale, sullo sviluppo e sul benessere di un paese e di una comunità. Necessaria quindi, una sempre maggiore consapevolezza unita a risposte integrate che combinino differenti misure, giuridiche – il recente codice rosso -, economiche, sociali e culturali, utili a generare innovazioni politiche e cambiamenti sociali di cui l’informazione deve farsi veicolo e interprete.
Tutti siamo chiamati ad operare per il quinto obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda Globale 2030 (gender equality), a fronte di una situazione che vede l’Italia sotto la media europea per inclusione femminile, i dati del We World Index del 2019 – indicatore che misura l’inclusione di donne e bambini – rilevano come il nostro Paese abbia perso dal 2015 ben nove posizioni nella classifica mondiale scivolando dal 18º posto al 27º posto su 171 paesi, e un punteggio di 57 punti rispetto alla media europea di 67: il lavoro, il pay gap, l’accesso alle posizioni di potere ancora gli indici di massima disparità.