Magione, presentato il libro su Raffaele Marchesi

MAGIONE – Con la pubblicazione dell’ultimo volume “Raffaele Marchesi, un prete scomodo” la collana “Scaffali senza polvere” edita dalla Soprintendenza archivistica per l’Umbria si arricchisce di un altro importante tassello utile a conoscere la storia dei personaggi più eminenti dell’Umbria. Dopo il ritratto del grande possidente di fine Ottocento, Ferdinando Cesaroni, e la biografia del letterato Marco Antonio Bonciari, il nuovo anno si è aperto con la presentazione, avvenuta lo scorso 8 gennaio al teatro Mengoni di Magione, del volume “Raffaele Marchesi, un prete scomodo” scritto da Luciano Taborchi.

Preceduti dai saluti del parroco di Magione don Stefano Orsini e del sindaco Giacomo Chiodini, ne hanno parlato, nell’ordine, i due curatori delle prefazioni all’opera: Monsignor Giulietti, Vescovo ausiliare dell’Archidiocesi di Perugia e Città della Pieve e Mario Squadroni, Soprintendente archivistico e bibliografico dell’Umbria e delle Marche, Mario Tosti, professore ordinario di storia moderna presso l’Università degli Studi di Perugia, il delegato alla cultura del Comune di Magione Vanni Ruggeri e l’autore. Edito dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche, il libro di Taborchi: “Raffaele Marchesi, un prete scomodo. Il maestro, il letterato, il patriota nella Perugia risorgimentale” ripercorre la vita dell’abate Marchesi, la sua attività di educatore e organizzatore dell’istruzione popolare, di letterato e patriota. Il tutto, preceduto da un breve profilo storico del Risorgimento, della cultura e dell’istruzione nell’Ottocento, e della Perugia del tempo. L’opera ha il patrocinio del Comune di Perugia, del Comune di Magione e dei Lions del Distretto 108L e i proventi del libro sono destinati dall’Autore ai Lions, per sostenere interventi di ricostruzione nelle aree del Centro Italia colpite dal recente terremoto.

“Il territorio magionese – ha spiegato Luciano Taborchi – ha dato i natali in più epoche storiche a illustri personaggi che hanno reso famosi i luoghi dove sono nati e vissuti. A questi personaggi sono state intestate vie e piazze e apposte lapidi in memoria, ma quasi nessuno si ricorda più dell’alto contributo da essi dato alla lettere, alle arti, alla patria. Riscoprirli, farli conoscere alle nuove generazioni è il modo migliore per mantenerne vivo l’alto insegnamento e l’esempio di vita da loro dato, ed anche occasione per promuovere e dare valore aggiunto a questi luoghi così belli e ricchi di storia. Come per il precedente lavoro su Marco Antonio Bonciari, è il caso di Marchesi, quale innovatore nell’organizzare l’istruzione popolare e nel riformare i contenuti dell’insegnamento, patriota del Risorgimento italiano, e prete indubbiamente moderno al tempo e, per questo, scomodo ”.

 Chi era Raffaele Marchesi

Nato a Magione il 25 febbraio 1810 da una famiglia di contadini, l’abate Marchesi divenne una delle menti di più alto ingegno che operarono a Perugia nell’Ottocento. Letterato e insegnante, si impegnò assiduamente per l’apertura di scuole serali e festive per i fanciulli avviati precocemente al lavoro. Grande anche il suo contributo all’epopea del Risorgimento italiano attraverso la partecipazione come cappellano militare alla Prima Guerra d’Indipendenza, e, ancora di più, per il ruolo svolto nella Repubblica romana che gli valse pesanti conseguenze personali con l’allontanamento per un lungo periodo dalla professione di insegnante e dal pieno esercizio della sua missione ecclesiastica. Convinto assertore delle idee liberali, vedeva nell’istruzione popolare l’unica via per dare al popolo una coscienza nazionale; per questo, si impegnò fino alla fine per riorganizzare il sistema dell’istruzione e rinnovarne i contenuti. Pose attenzione anche all’educazione dei più piccoli, fino ad arrivare nel 1861 all’apertura del primo asilo d’infanzia a Perugia; quell’asilo prenderà il nome di “Santa Croce” e sotto la direzione di Maria Antonietta Paolini diventerà un modello di riferimento nell’applicazione del metodo montessoriano.

Nei suoi scritti di maggiore rilievo – dalla traduzione della Trasimenide di Matteo Dall’Isola, agli studi su Cicerone, alle pubblicazioni a contenuto storico-artistico, all’Album Monumentale, ai pamphlet, alle tante epigrafi in cui si può apprezzare lo scrittore erudito ed elegante in tutta la sua pienezza – il suo essere letterato non si separava mai dal patriota e, attraverso il ricordo delle glorie passate, apriva le menti dei giovani agli ideali del Risorgimento. Da cattolico liberale, il suo merito maggiore fu quello di aver compreso la necessità di conciliare il cattolicesimo con le esigenze della società del suo tempo, dove l’insegnamento del Vangelo poteva e doveva coesistere con il perseguimento degli ideali civili. Evangelizzazione e formazione di una coscienza nazionale furono perciò le ragioni del continuo suo prodigarsi, durante tutto l’arco della vita, per l’attuazione di un’istruzione scolastica quanto più vasta e popolare possibile. Quindi, prete e prete patriota. In quanto tale, figura particolarmente scomoda a quel tempo per le gerarchie ecclesiastiche e per lo Stato pontificio.

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