Norcia, appello per Castelluccio: “A rischio la semina delle lenticchie e la fioritura”
NORCIA – “Riaprire quanto prima la strada d’accesso, solo così potremmo iniziare a pensare alla ricostruzione”: è l’appello di chi a Castelluccio di Norcia, ora distrutto e isolato, ci lavorava fino al 30 ottobre. “Se non possiamo salire, non potremmo nemmeno procedere alla semina della lenticchia e quindi addio anche alla nostra famosa fioritura e sarebbe un ulteriore enorme danno per questa terra già così martoriata”, sottolinea Nello Perla, presidente della Cooperativa agricola Castelluccio che conta 13 soci.
Cento giorni dopo la grande scossa c’è voglia di ricominciare da parte degli imprenditori che in questa “gemma” dei Sibillini avevano costruito il proprio progetto di vita. “Ma alla speranza si alternano momenti di grande sconforto, anche se da parte mia e di tanti altri c’è la volontà assoluta di ricostruire e ricominciare”, racconta Sara Coccia, titolare di un agriturismo e produttrice di formaggio.
Nell’attesa di tornare, c’è chi si sta organizzando per continuare comunque a lavorare, come nel caso di Maria Luisa Trabalza e del marito Luigi che tra pochi giorni porteranno in giro per l’Umbria e non solo, le specialità che un tempo preparavano nel loro locale e lo faranno con un furgone attrezzato con tanto di cucina. “Sarà un’osteria mobile – spiegano -, con la quale serviremo zuppe e carne. Sarà uno street food di alta qualità”. Anche Cinzia Cappelli, dopo avere perso tutto, sta pensando di reinventarsi venditrice ambulante e portare nei mercati e nelle fiere i suoi legumi. “E’ una cosa nuova – racconta – ma se vogliamo continuare a lavorare ci dobbiamo inventare qualcosa, solo così ci permetterà di tornare un giorno nella nostra Castelluccio”.
Prima che tutto fosse distrutto dal terremoto, in questo borgo si contavano una trentina di piccole imprese tra produttori, allevatori e operatori della ricezione turistica e il tema della ricostruzione, assieme a quello della strada, è il cuore della discussione. “Ci auguriamo che venga individuato un piano che possa permettere di ricostruire edifici sicuri, preferibilmente in legno, perché se è vero che tutti vogliamo tornare nel nostro paese, è anche vero che in tutti noi c’è anche tanta paura”, racconta ancora Sara che intanto ha presentato domanda per delocalizzare la sua attività. “Ho chiesto – spiega – di aprirne un’altra, quando sarà possibile, proprio davanti a quella ora distrutta. Da Castelluccio io non me ne vado”.