Nuove Regioni, Goracci: “L’Umbria sola o con le Marche”
Ci accende tra le varie forze politiche la discussione sul riassetto delle Regioni. A intervenire questa volta nel dibattito è il consigliere regionale Orfeo Goracci (Comunista Umbro) che nelle ipotesi di riassetto dell’architettura delle Regioni vede l’Umbria sola o con le Marche.
“Tra le ipotesi di riassetto dell’architettura istituzionale italiana, con abolizione di alcune Regioni piccole e contestuali accorpamenti – dice Goracci – quelle avanzate dall’onorevole Roberto Morassut (Pd) sono certamente le più organiche e quelle che, proprio nella loro organicità, destano maggior attenzione e preoccupazione”. Lo afferma il consigliere regionale Orfeo Goracci (Comunista Umbro), che mette in luce le criticità della proposta.
Secondo Goracci “il primo elemento da rilevare è, ancora una volta, la mancanza di ogni fase partecipativa, di confronto, con le realtà regionali, con gli Enti locali, con la popolazione: l’Italia è il Paese degli 8mila e più campanili e, al di là, di tutto, le identità e le appartenenze territoriali si sono formate, storicamente, attorno a forme relazionali, modalità e sensibilità non certo ignorabili e bypassabili da parte del mondo della politica, per quanto orientato a disegni e azioni di razionalizzazione e snellimento degli assetti burocratico-istituzionali. Un altro dato che balza agli occhi è poi la pressoché totale sovrapponibilità tra le idee contenute nella proposta Morassut e quelle illustrate nel progetto della Fondazione Agnelli del 1993/94: nelle une e nelle altre, l’assetto locale è ridotto a 12 macro-Regioni, verticisticamente stabilite nei loro confini e nei loro territori da ristretti, elitari cenacoli, emanazione di quei poteri forti che vedono nella spesa pubblica, tranne in quella diretta ad assicurare loro lauti profitti, un nemico da combattere a prescindere”.
“Per quanto riguarda l’Umbria – osserva Orfeo Goracci – la proposta di legge delinea questo quadro: soppressione della Regione e suo inserimento in una chimerica ‘Regione Appenninica’, mai esistita né storicamente né amministrativamente, assieme alla Toscana e alla Provincia di Viterbo. Con un tratto di penna, insomma, si cancellano secoli di storia e si pretende di mettere assieme contesti radicalmente differenti, per niente assimilabili, che mai hanno convissuto in compagini
territoriali omogenee. Cosa ha a che vedere l’Umbria, presa nella sua complessità, valutata nella sua storia e nel suo portato di cultura e tradizione, con la Toscana o con il Lazio? Al massimo Terni può vantare affinità con l’area laziale”.
“La gran parte della regione Umbria – spiega il consigliere regionale – per storia e tradizione trova piuttosto il suo naturale aggancio con le Marche, delle quali, almeno in certe aree come quella eugubina, vasti settori dell’Alto Tevere e tutto l’Appennino dalle Marche stesse alla Valnerina, ha rappresentato per lungo tempo una significativa porzione di entroterra. Basti pensare alla storia della Legazione pontificia di Pesaro-Urbino, nella quale Gubbio e altri centri erano pienamente inseriti fino all’avvento dell’Unità d’Italia. Per chiamare in causa tempi più recenti, si pensi a come Umbria e Marche hanno gestito con successo, in eccellente sinergia, la complessa partita del sisma e post–sisma del settembre 1997. Riallacciandoci alla storia, basta andare con la mente alla grande epopea dei Montefeltro di Urbino: il periodo feltresco fu, per Gubbio e l’Alta Umbria, un’era di pace, prosperità, sviluppo delle arti, con l’apice raggiunto negli anni del Duca Federico. Quell’età dell’oro è ancora oggi ricordata e testimoniata da lasciti artistici, architettonici, monumentali ammirati ben oltre i confini umbri e nazionali; una koinè storica e culturale formatasi in quel periodo lega, indissolubilmente, l’Alta Umbria alle Marche e di ciò non si può non tenere conto nel momento in cui si intende porre mano a ritocchi e cambiamenti dell’architrave istituzionale”.
“Per intima convinzione e per coerenza – continua Goracci – personale, non sono tra coloro i quali erigono barricate contro ogni nuova proposta in ambito istituzionale, né difendo aprioristicamente le Regioni così come sono. Anzi ne sono stato, spesso e volentieri, una delle poche voci critiche. Più volte ho sottolineato la necessità di sburocratizzare certi apparati pesanti e pletorici, di rendere più efficace ed efficiente l’azione legislativa della Regione; quando nel 1995/2000 io (da vicepresidente della Regione Umbria, con deleghe di peso) e soprattutto Bruno Bracalente (da presidente della della Regione Umbria) parlavamo di ‘Regione leggera’ e imprimevamo, assieme alla Giunta di allora, un dinamismo mai visto nell’azione legislativa e amministrativa, con egregi risultati sul piano concreto (si pensi alla già citata gestione del post-sisma, presa a modello in varie Regioni d’Italia e anche oltre i confini nazionali), molti odierni teorizzatori della soppressione delle Regioni erano legati mani e piedi ad apparati elefantiaci, lontani anni luce dai principi di efficienza e buon governo. Pertanto, in tempi molto brevi, credo che si debba compiere una riflessione seria, articolata e completa, sul futuro assetto istituzionale del Paese e sul ruolo che in esso dovrà giocare, necessariamente, la Regione Umbria: nessuno può pensare di sopprimere varie Regioni, Umbria compresa, con un tratto di penna, a tavolino, senza un progetto globale che indichi le priorità, il destino dei presidi istituzionali sul territorio, le necessarie redistribuzioni di competenze tra Stato centrale ed Enti locali, dopo gli anni delle facilonerie federaliste e, soprattutto, senza la minima partecipazione alle decisioni che si adotteranno da parte delle collettività locali”.
Goracci richiama un “aspetto vitale, di primaria importanza per l’intera comunità regionale: la sanità umbra è considerata, a livello nazionale, una delle più efficienti per l’universalità delle prestazioni e per le coperture che assicura in termini di servizi (e, sia ben chiaro, con queste affermazioni non voglio certo nascondere inefficienze, lungaggini, baronie più volte da me denunciate ed evidenziate in atti pubblici e interventi). Un dato parla chiaro più di tanti altri: l’80 percento del bilancio regionale si struttura attorno alle voci della sanità, una sanità al 95 percento pubblica. Cosa rimarrà di questo primato se si opereranno fusioni a freddo non adeguatamente ponderate con Regioni non certo omogenee rispetto all’Umbria e ai suoi interessi?” Goracci dice quindi che si batterà “in questi pochi mesi che rimangono, affinchè le forze politiche, a partire da quelle di governo nazionali rappresentate in Regione, giochino a carte scoperte, senza trucchi e senza ambiguità che gioverebbero solo a chi ha intenzione di creare confusione e commissariare la democrazia”.